foto36stanze2Molti avranno già sentito nominare i 36 Stanze per via di “Reazioni Violente”. La band di Fidenza ritorna con “Mattanza”, un lavoro dalle sonorità evolute, definibili come crossover. Un vero crocevia d’intenti. Cosa sono oggi i 36 Stanze e a che punto sono della loro storia lo descrive il cantante Davide Galzarano.

Matteo Zanardi, il vostro ex bassista, propose per il nome della band un pezzo dei Wu Tang Clan. Cosa aveva di così stuzzicante per chiamarvi poi 36 stanze?
Matteo era l’unico, tra noi, ad avere una cultura hip hop e prese il nome del gruppo proprio dal titolo del primo album dei Wu-Tang Clan che, a sua volta, si richiama al film “La 36° camera dello Shaolin”. In realtà né l’uno né l’altro riferimento sono mai stati fonte di ispirazione per la nostra musica. Eravamo in cerca di un nome e 36 Stanze ci è piaciuto, tutto qui.

Il primo album è del 2010 e lo scorso anno avete pubblicato “Mattanza”. Cosa c’è stato per voi tra le due pubblicazioni?
Innanzitutto, un lieto evento: siamo diventati un quintetto con l’ingresso di Luca Pioli alla chitarra, ad affiancare Enrico Mambriani. Poi, per qualche tempo, siamo passati da una sala prova all’altra, non per tenere fede al nostro nome (fantastica, nda), ma per l’oggettiva difficoltà di reperire spazi permanenti in cui suonare. Una volta trovata una certa stabilità, ci siamo dedicati alla stesura dei nuovi brani. Le registrazioni e il mixaggio di “Mattanza”, poi, hanno richiesto vari mesi, durante i quali ci siamo concentrati sulla nostra nuova creatura. Per il resto ci siamo spesi molto per cercare autonomamente date dal vivo, con qualche soddisfazione ma affrontando, spesso, situazioni al limite dell’accettabile. Non sarà per te una novità sapere quali difficoltà deve affrontare un gruppo per ritagliarsi il suo spazio nella scena live nel nostro paese.

Musicalmente vi ho sentiti abbastanza vicini al crossover o comunque mi ricordate un certo filone hardcore molto più evoluto, strutturato. Voi stessi cosa pensate della vostra musica? Cosa ritenete di poter migliorare e cosa invece vi soddisfa?
Non ci siamo mai interessati a suonare un genere e amiamo definirci Crossover proprio per il suo significato letterale. Indubbiamente i nostri album sono identificati da un certo tipo di approccio musicale che non siamo certo stati noi ad inventare. Un’identificazione di genere di ciò che sono stati fino ad oggi 36 Stanze, però, credo si possa fare solo a posteriori. Il nostro unico interesse, al momento della composizione, è stato liberare una creatività che ha trovato un punto di incontro nel suono, nell’approccio e nella produzione che ci identifica. Hardcore evoluto e strutturato, comunque, mi piace: possiamo usarlo? Un amico, scherzando, ci ha definiti post crossover. Quanto a ciò che ci soddisfa è proprio il modo in cui riusciamo a scrivere brani tutti insieme, in modo libero, influenzandoci vicendevolmente e avendo come obiettivo solo ed esclusivamente la coralità del risultato finale. Più che di miglioramento, per il futuro, parlerei di evoluzione. Questo non perché non abbiamo difetti e margini su cui lavorare, tutt’altro, ma perché non si tratta tanto di rendere qualcosa migliore, quanto di esplorare territori nuovi, non in assoluto, ma per noi.

Che differenze ci sono tra i vostri album? Avete ottenuto qualcosa di nuovo con “Mattanza” e che prima non c’era?
Le canzoni di “Reazioni Violente”, il nostro primo album, sono state scritte in modo corale, ma l’input musicale è quasi sempre arrivato da Enrico, che era l’unico chitarrista, musicista molto creativo e molto istintivo. E’ lì che è nato l’approccio hardcore. Con l’ingesso di Luca (ex chitarrista dei Maledeth) le composizioni si sono fatte più ragionate e varie all’interno dello stesso pezzo, dando maggiore profondità alla nostra musica, anche se abbiamo mantenuto una certa brevità nelle canzoni, come hai notato tu nella recensione di “Mattanza”. Il primo lavoro ci ha dato maggiore consapevolezza del nostro potenziale e dei nostri limiti e su quelli abbiamo lavorato. Ne è scaturito un lavoro più consapevole, ricercato e maturo. I pezzi di “Reazioni Violente”, però, credo che siano di grande valore e forse un giorno li riarrangeremo e registreremo alla luce dell’esperienza accumulata successivamente.

foto36stanze1Due album autoprodotti e, se ho ben capito, non avete un magement o un’agenzia di promozione che vi segue. Siete nel do it yourself perché non avete quattrini? Vi piace muovervi da soli? Non avete trovato l’opportunità più adatta? Siete una band autonoma e in giro c’è una marea di agenzie e manager e questo perché il music business genera una forte concorrenza.
Non ci siamo mai negati per principio la possibilità di proporci ad agenzie ed etichette in generale, ma abbiamo escluso per principii (i nostri) alcune situazioni in particolare. Mi riferisco al cosiddetto Pay to play, che non consiste nel rendere il giusto compenso a chi lavora per te musicista (un manager, o un’agenzia che, in cambio, ti facilita le cose), ma nel pagare lautamente persone per cui tu stesso ti sacrifichi, prostituendo la tua arte, in cambio della cosiddetta “visibilità”. Questo consisterebbe, ma è solo un esempio, nel pagare un migliaio di euro per suonare in pieno pomeriggio in un festival con un headliner importante, 20 minuti col cambio palco, mentre la gente fa la fila per la birra o per il cesso. Oppure far da spalla alla spalla di chi apre la serata ad un gruppo famoso perché, ti dicono, “è così che si inizia”. In realtà, in questo modo, servi solo a pagare il cachet agli headliner , visto che il sedicente talent scout di turno (nonché, spesso, organizzatore della serata) non anticipa i suoi soldi, ma i tuoi,  e di te non gli importa assolutamente nulla. Lui fa il suo lavoro (creare eventi) e tu gli copri gli investimenti. Non avendo nulla da spartire con certa gentaglia, fin ora ci siamo mossi autonomamente. Tra le opzioni che hai elencato, dunque, quella giusta è: non abbiamo trovato l’opportunità più adatta. Mai dire mai.

Io vi ho dato un voto alto e credo lo meritiate, più di tutto ho scritto ciò che penso della vostra musica. Tuttavia “mattanza” è uscito a settembre del 2012, quindi potresti darmi una sintesi su cosa si è detto e scritto di voi?
La sintesi consisterebbe nel riassunto della tua recensione che, per quanto riguarda “Mattanza”, è la prima in assoluto. Presto dovrebbero essercene altre, ma abbiamo spedito il materiale nell’ultimo periodo. Prima i nostri unici pensieri, quanto a promozione,  sono stati il reperimento di date live e la presenza massiva sui social network.

Nell’immediato cosa contano di fare i 36 stanze?
Vogliamo completare le canzoni che abbiamo in cantiere. Sono una decina, alcune finite, altre in evoluzione. Dopo di che ci piacerebbe registrarle in preproduzione per ragionare meglio su cosa ottenere dal terzo album. Stiamo diventando più riflessivi nelle composizioni, ma i nuovi pezzi sono comunque di forte impatto. Aspetteremo ancora un po’ di tempo prima di proporre qualcosa live e nei concerti punteremo sui due album, soprattutto su Mattanza. Per il resto stiamo cercando persone serie a cui proporci, per tornare al discorso di due domande fa, e stiamo valutando un paio di cosette. Nel frattempo ci diamo da fare da soli con la promozione, la ricerca di date e gruppi con cui collaborare.

Ti ringrazio per questa intervista. Come di consueto io mi faccio da parte per darti la possibilità di fornire un messaggio diretto ai lettori. Saluti!
Ringrazio te a nome di tutto il gruppo. Che dire? Se avete letto questa intervista fino in fondo, spero di avere stimolato in voi la curiosità di scoprire i 36 Stanze. Visitate la nostra pagina Facebook e, da lì, accederete alla nostra musica, al merchandising, alle informazioni sui concerti, ad altri link che ci riguardano, ecc. Lasciate qualche commento, anche denigratorio, anzi, soprattutto  denigratorio! Saremo lieti di rispondervi denigrandovi a nostra volta.

(Alberto Vitale)

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