In Francia il metal sta trovando da tempo soluzioni con architetture che si smontano e rimontano in se stesse e con soluzioni claustrofobiche e potenti. Pensate ai Gojira, i quali hanno indicato la via a molti. Tra le nuove leve d’oltralpe giunge un quartetto interessante e di recente formazione, gli Abysse. I quattro francesi hanno un connotato sicuramente insolito: sono una instrumental metal band, ovvero non hanno parti cantate nei loro pezzi. L’ approccio nel songwriting è quello di creare visioni attraverso la musica o permettere che essa le mostri; tuttavia gli Abysse usano solo chitarre, basso e batteria, senza niente altro ed edificando del metal dinamico. I contatti tra Metalhead e la band sono iniziati tempo fa, grazie al debut album “En(d)grave” (recensione) ed ora con Geoffrey, uno dei due chitarristi, presentiamo gli Abysse al pubblico italiano. (foto di Franck Potvin)

http://soundcloud.com/orpheline
http://abysse.bandcamp.com

Perchè gli Abysse sono una band di metal totalmente strumentale?
Non è stata una scelta all’inizio. Abbiamo scritto la nostra musica senza cantato e tentando di essere il meno noiosi possibile e abbiamo provato a creare qualcosa di nuovo. Abbiamo avuto molti riscontri positivi. Così siamo stati motivati a continuare in questa instrumental band.

“En(d)grave” è stato il vostro primo album. Come è stato il processo creativo attorno ad esso?
Ci è piaciuto prenderci il tempo per scrivere con ordine ed essere pienamente soddisfatti. Abbiamo tentato di creare un concept: una musica che rappresenta un animale morto, abbiamo ritenuto interessante darci idee visive per comporre.

Mi dici qualcosa sulla copertina? Perché quel tipo disegno? Che idea c’è dietro?
Il batterista (Sébastien, nda) è un graphic designer. Ha fatto tutti i nostri visuals. Ci siamo ispirati alle macchie di Rorschach per la copertina e per alcune canzoni. Ci piace l’idea che le persone possano creare immagini ascoltando la nostra musica e abbiamo voluto offrire qualcosa di astratto anche per l’artwork.

Cosa devono aspettarsi le persone dalle vostre performance dal vivo? Suonate le canzoni esattamente come nell’album?
Cerchiamo il più possibile di dare il meglio per ogni concerto. Usiamo dei neon blu per dare l’atmosfera. Allunghiamo delle parti, accorciamo delle altre, i solo spesso cambiano, così i chitarristi si divertono!

Ci sono delle cover che avete pensato di realizzare?
Pochi anni fa tentammo di fare una cover degli Opeth, “Ending Credits”. L’abbiamo trovata interessante da fare per una cover, ma il desiderio di comporre è sempre forte!

Ci sono degli elementi che avete pensato di inserire nella vostra musica? Per esempio strumenti acustici o effetti elettronici…
Si! Ci stiamo lavorando per il prossimo album! Siamo più interessati a sonorità acustiche che elettroniche.

Grazie mille, ti lascio chiudere l’intervista.
Scusa per i diversi errori d’inglese. La mia insegnante era focosa, non sarebbe fiera di me!

 

(Alberto Vitale)

Recensione