Progetto di autore che definire poliedrico è riduttivo, Darkram è un’esperienza sonora molto particolare, da capire oltre che da ascoltare. Ecco quindi l’occasione di capirne di più con l’autore, Ramon Moro.

MH: Ciao e benvenuto a Metalhead.it! Mi sono reso conto, leggendo la tua breve ma densa biografia, che sei un artista con un ampio spettro musicale… Ti va di introdurti ai nostri lettori dando un po’ una panoramica delle tue principali esperienze musicali?

RM: Buongiorno a tutti, beh sì, in vent’anni di attività ho suonato con parecchi musicisti, in area jazz, rock, elettronica, sperimentazione, artisti legati all’arte contemporanea, danza, installazioni, insomma, tante cose. Progetti che sono durati nel tempo e con i quali lavoro tuttora, il trio 3quietmen con cui ho suonato tanto e pubblicato sei dischi, il duo con Paolo Spaccamonti, con cui di recente ho scritto le musiche del film “I Cormorani”.

MH: Ecco, per ovvie ragioni questa intervista si occuperà principalmente del tuo progetto “Darkram”. Intanto complimenti per il risultato! Un progetto alquanto strano e anomalo in molti aspetti… Ti va intanto di raccontarci come sei arrivato alla sua genesi?

RM: Un giorno mi son trovato ai piedi di una grande frana, in alta montagna, si riconosceva esattamente il percorso di questi enormi massi ora incastonati perfettamente. Mi son sentito veramente piccolo e ho iniziato a fare brutti pensieri, tipo essere sommerso da una valanga di pietre, devastazione totale, essere travolto e sepolto. Poi ho pensato di risvegliarmi dopo settant’anni in un mondo di pietra e pian piano ritornare a vivere, con una missione, accogliere le anime che non si meritano di stare al mondo, accatastarle, fare ordine e pulizia. Ecco come è nato “Stone and Death”.

MH: Solo due sessioni di registrazione… e solo due strumenti utilizzati… Ti va di parlarci di questa scelta? Perché proprio questi due strumenti così inusuali per la musica estrema?

RM: Volevo fare un album in solo e so solo suonare questi due strumenti, non ho campionato nulla e non ci sono né synth né altri strumenti, la sfida era portare all’estremo la sperimentazione della tromba applicata alla mia pedaliera di effetti utilizzando quattro amplificatori in linea, volumi estremi e gestione del suono.

MH: Insolita la scelta di dare ad ogni brano un numero cardinale come titolo seguito invece da un titolo vero e proprio… Però l’ordine sembra casuale… O forse no?

RM: No, l’ordine non è casuale, sono numeri che arrivano da una lettura della mia persona, quindi mi rappresentano perfettamente, esempio la seconda, traccia per me rappresentava l’equilibrio e nella mia persona l’equilibrio è rappresentato dal numero XXII.

MH: Che conoscenze musicali hai nel metal? …Ammesso che tu ne abbia, vista la varietà di realtà sonore con cui collabori mediamente molto distanti dai canoni metal… O forse sei proprio tu come artista la prova che forse c’è un filo conduttore in tutte le tue produzioni?

RM: In quasi tutte le cose che ho fatto ho sempre un linguaggio, un fraseggio e un’idea melodica decisamente vicina al metal, chiaro non sto parlando delle ritmiche metal molto tirate, precise e potenti, sto parlando di linee melodiche, del lirismo che viaggia molto in alto, quasi che se volasse sopra un tappeto d’inferno. Mi son sempre piaciuti molto i Pantera, poi ho ascoltato molto black metal per poi adorare certi lavori molto più funerei e tenebrosi.

MH: Vediamo un po’ se son promosso come recensore… Nella recensione (leggila qui) della tua opera mi sono venuti in mente Burzum, Triptykon e i primi Mortiis… Dimmi la verità, li conosci? Eppure, al di là della tua risposta, il lavoro da te proposto risulta assolutamente personale…

RM: Sei promosso a pieni voti, li conosco molto bene, mi fa molto piacere che sia originale, penso che questo sia dovuto al fatto che raramente certe cose vengono prodotte con la tromba e poi penso che arrivare da altri ambienti musicali ti porti a suonare in altre tonalità e avere fraseggi inusuali.

MH: Il tuo album è per me la prova inequivocabile, come riprendo nella recensione, che il black metal non è propriamente un genere musicale quanto un approccio alla musica estrema. In quest’ottica, pure la musica classica russa di fine ‘800 per me risulta black metal, viste le emozioni che faceva e fa tutt’oggi provare… Ti ritrovi in questa visione del genere?

RM: D’accordissimo, che bello scoprire che ci sono delle menti così aperte.

MH: Comunque, al di là di quello che figurativamente comunica il black metal, vale a dire elementi solitamente negativi, la storia raccontata nella tua opera mi sa di un percorso interiore del protagonista, un percorso che lo potrebbe portare ad auto-migliorarsi… puoi raccontarci o darci brevemente un incipit della storia che si cela dietro la musica? Cosa vuole comunicare alla fine il tuo progetto?

RM: (leggere anche la risposta alla seconda domanda, NdR) Fondamentalmente avevo dentro questo bisogno di comunicare un’inquietudine, ce l’ho spesso dentro, a volte senza motivo, una sofferenza che va aldilà della vita che conduco, che è molto serena in questo periodo, è proprio una sorta di morsa malinconica intrinseca. Suonare comunque mi fa bene, perché mi aiuta a liberare questo malessere interiore.

MH: Molti direbbero che un album strumentale suonato solo con due strumenti sarebbe facile da riproporre dal vivo. Io invece sono convinto che già trovare una location adatta all’atmosfera del tuo album sia già un’impresa. Ecco, mi verrebbe in mente un concerto all’aperto in un passo nelle dolomiti, oppure un’isola disabitata fuori Venezia… o magari dentro ad un labirinto di bosso, così come faranno gli Ulver, altro gruppo che ha fatto dell’atmosfera un punto imprescindibile. Dimmi che ci saranno delle date live…

RM: Ah ah ah, fantastico! siamo in sintonia completa…Ho presentato il disco a Torino il 20 aprile all’interno di un Rifugio Antiaereo, quindici metri sottoterra, volume pazzesco e atmosfera veramente da brivido. Sto cercando in tutto il mondo luoghi simili, rifugi, grotte, cripte, chiese sconsacrate, castelli, sotterranei, anfiteatri naturali.

MH: Grazie mille per il tempo concessoci! Lascio a te le ultime righe per chiudere questa interessantissima intervista…

RM: Grazie a te e a voi della pazienza e cortesia. Chiudere un’intervista non è mai facile, penso a questo punto che in questo mondo la musica in generale sia una forma d’arte che può salvarci da mille problemi di ogni genere. Chiaro, occorre usufruirne e farla con uno spirito ben preciso, semplicemente “ascoltare” e “suonare” con il cuore, non con i soldi.

(Enrico Burzum Pauletto)