Stéphan Forté, francese, incredibile axeman, membro delle progressive metal/rock band Adagio e Red Circuit, ha realizzato il suo primo album solista “The Shadows Compendium”. L’album è completamente strumentale, ricco di connotazioni neo-classiche e con una manciata di contributi da parte di importanti amici della sei corde. Di seguito Stéphan ci racconta tutte le sue impressioni su questo album, raffrontandole anche con quelle esposte nella recensione del suo interlocutore.

Ciao Stéphan, grazie tante per l’intervista!
Sei il ben venuto, grazie a te Alberto!

“The Shadows Compendium” è un album strumentale, con tre anni di lavoro alle spalle. Avevi bisogno di tempo o è stato difficile farlo?
Non è stato difficile, avevo bisogno di trovare il tempo necessario per comporlo, allora ero molto impegnato con le mie altre attività (gli Adagio, alcune riviste sulle quali scrivo, ecc…).

Non sono un chitarrista, ma penso ci siano alcuni elementi di rock fusion e di stile symphonic/classic  nei tuoi riffs. Cosa ne pensi?
Si, quest’album è un misto di tutte le mie influenze e cose che mi piacciono. Sto ascoltando molta musica classica, sia essa barocca, classica, romantica, contemporanea ecc…Con gli Adagio sto componendo molte orchestrazioni e arrangiamenti per ensemble sinfonici. Ecco come sento la mia musica, così tali elementi sono inevitabilmente presenti in questo album.

Sei soddisfatto del sound degli strumenti? Del mixaggio, produzione e mastering oppure ora che hai ascoltato il lavoro finito, pensi che alcune parti dovrebbero essere diverse? Io credo che la batteria sia un pochino “nascosta” dal resto!
Sono felice di questo album, ma naturalmente tu potresti sempre sentire delle cose che potrebbero essere migliorate…ma è così che l’arte è, un pezzo interminabile che potrebbe essere migliorato infinitamente. La batteria è programmata ed è stato un lavoro davvero difficile da fare, una batteria programmata con suono reale. Penso che Kevin abbia fatto un gran lavoro.

Mi piace molto la chitarra ritmica: pesante, ma non veramente aggressiva. A dire il vero non sono mai stato un amante del suono delle chitarre Lâg. Puoi dirmi qualcosa sulla tua effettistica?
La mia Lâg è parte di me stesso ora, proprio come se fosse un’altra parte del mio corpo e dell’anima. Per quanto riguarda gli amplificatori, sto usando soprattutto Mesa Boogie, Dual Rectifier per la ritmica e Mark V per la solista. Entrambi rinforzati da pedali overdrive, TS9 per il rectifier e MXR GTOD per il Mark V. Gli effetti sono plug ins dal Line 6 Pod Farm 2.

Ho una curiosità: perché un talento della chitarra chiama in questo album altri chitarristi? A cosa servono questi ospiti?
Più che ospiti sono miei amici, conosco Jeff (Jeff Loomis, ex Nevermore, nda), Mattias (IA Eklundh dei Freak Kitchen, nda) e Glen (Glen Drover, ex-Megadeth, nda) da un paio di anni ormai. Ho davvero voluto condividere con loro della musica e ho pensato che questo album fosse una grande opportunità. Amo i loro stili individuali, penso sia bello offrire diversi punti di vista della stessa cosa.

Ti misurerai in futuro con il formato classico della canzone? Cioè con testo, verso-ritornello ecc?
E’ quello che sto già facendo con gli Adagio!

Andrai in tour?
Si, è in programma. Avrei dovuto fare degli showcase ma solo all’inizio, però recentemente alcuni promoters mi hanno chiesto per dei tour con una band e così li faremo l’anno prossimo.

Potresti indicarmi cinque chitarristi per te veramente importanti?
Jason Becker, Marty Friedman, Shawn Lane, Paul Gilbert e Yngwie Malmsteen

Grazie ancora. A te la chiusura dell’intervista.
Grazie tante a te Alberto e ciao (in italiano, nda) ai lettori. Spero di incontrarvi tutti voi ragazzi al più presto in Italia, durante un masterclass, uno showcase o concerto, come solista o con Adagio. Partecipate!

Alberto Vitale

recensione: https://www.metalhead.it/?p=1095