Ho ascoltato a ripetizione il loro album e con animo incerto. Come a ritrovarmi di fronte ad un enigma. Ascoltavo ma non riuscivo a focalizzare bene il nocciolo di quelle canzoni. Poi ho capito: un sound potente, spigliato e moderno. Qualità che messe insieme portavano alla personalità, la vera soluzione! I Generation.On.Dope hanno identità e idee e “Ghosts” le ha messe insieme. La musica di questo loro nuovo album la descrive perfettamente una loro stessa frase: “G.o.D is modern metal anthems and r’n’r attitude”. Questi inni ce li racconta il cantante Simone Zuccarini, oltre a darci un sincero e spontaneo ritratto della band.

Devo riconoscere che l’album l’ho ascoltato…non so quante volte, ma alla fine non ci ho capito molto! Tuttavia nello scrivere la recensione sono arrivato al punto che voi abbiate registrato dei pezzi che fossero personali e quindi figli del tentativo di diversificarli o di essere diversi. Di averci provato! Ho colto qualcosa di vero? Come stanno le cose per l’input che è alla base di questo nuovo lavoro?
E’ vero che si tratta di canzoni molto personali, però non c’è stato un vero tentativo di risultare “diversi”, direi che questo aspetto è insito nella nostra natura e anzi, il vero obiettivo è stato far sì che il disco non fosse una semplice raccolta di canzoni, ma qualcosa di più vivo e organico. Non è un album che pretende di piacere a tutti, esprime sentimenti e concetti precisi e si rivolge principalmente a chi si trova in sintonia con essi e di conseguenza con noi. Non fraintendermi, non voglio fare un discorso di tipo elitario, speriamo sempre che le nostre canzoni siano “sentite” a livello emotivo dal maggior numero di persone possibile, ma non abbiamo voluto fare nulla per accattivarci in qualche modo il pubblico.

Mi son piaciuti particolarmente i brani “The Longest Day” e “(I Called You) Misery”, i quali non sono forse tra i migliori, compositivamente parlando, ma sono decisamente estemporanei rispetto al clima generale. Come sono nate queste due canzoni?
Le due canzoni hanno una storia un po’ diversa, ma molti punti in comune. “(I Called You) Misery” è stata una delle prime canzoni che ho composto per questo album, era un brano molto sentito e mi divertii a scriverlo, ma ero titubante nel proporlo alla band, temevo fosse troppo fuori dai nostri schemi abituali, invece è stato molto apprezzato e questo ci ha dato una spinta notevole in termini compositivi. “The Longest Day” invece è stata, cronologicamente, l’ultima canzone su cui abbiamo lavorato, non ero sicuro di volerla includere nell’album a causa del suo carattere un po’ sornione, ma i miei compagni l’hanno adorata e a conti fatti direi che è stato giusto che facesse parte dell’album. In entrambi i casi sono due brani che per certi frangenti escono dal tema principale del disco, sia a livello di sonorità, sia a livello di tematiche trattate.

Se ti dicessi che l’album agisce su tre livelli, punk, rock e metal, e che spesso questi hanno dei punti di intersezione, cosa mi rispondi?
E’ assolutamente vero. Non amo particolarmente le definizioni, ma sicuramente a livello di sonorità ci muoviamo in quei territori. Diciamo che la novità di quest’album è la vena punk che emerge in maniera più prepotente rispetto al passato.

Rispetto al precedente album ci sono delle sostanziali differenze nel sound? Puoi spiegare a chi non ha mai ascoltato il precedente lavoro i punti distintivi tra i due album?
Forse essendo a ridosso dell’uscita di “Ghosts” il mio giudizio sarà un po’ condizionato, ma mi sembra che siano due album molto differenti. “Generation.On.Dope” puntava maggiormente sull’attitudine rock, si muoveva su ritmi costantemente sostenuti, senza un attimo di sosta, ma non aveva una vera e propria storia alle spalle, anche perchè si tratta di canzoni scritte nell’arco di tre o quattro anni. “Ghosts” è più eterogeneo dal punto di vista sonoro, ma è stato scritto in circa un anno e, come dicevamo prima, emergono sentimenti e concetti predominanti che ne rafforzano l’identità.

Ho letto i testi e mi son parsi abbastanza diretti, nonostante il soggetto spesso mi sfuggisse. Di cosa parlano e che obiettivi hanno quelle parole?
Ci sono diversi temi ricorrenti nell’album: in primis abbiamo voluto esprimere un messaggio sociale e politico che si è tradotto in un atto d’accusa ad una classe dirigente immorale e incapace che ha portato l’attuale società sull’orlo del baratro, con particolari riferimenti alla storia del nostro paese. In altri episodi affrontiamo temi più individuali, come il senso di impotenza ed inadeguatezza di chi, di questa società, non riesce a sentirsi parte.

Con anticipo è uscito un video per promuovere l’album. La canzone scelta è stata proprio la title track. Vorrei che riassumessi la trama di questo filmato.
Il video di “Ghosts” cerca di riassumere un po’ quello che è il concetto principale alla base dell’album, la critica al potere, sia esso politico od economico, che viene rappresentato dall’uomo sul palco. Come l’album, anche il video non vuole necessariamente raccontare una storia con un inizio e una fine, ma piuttosto fornire un’immagine, un’istantanea del momento che stiamo vivendo.

Vi presentate con pantaloni scuri e camice a maniche corte e bianche ed una cravatta nera. Perchè?
Crediamo che in ambito musicale si dia fin troppa importanza al look, sembra quasi che a volte non ci sia differenza tra l’abbigliamento e la musica stessa. Per intenderci, ti metti una canotta e fai metalcore, ti metti dei mocassini e sei indie… sto semplificando molto il concetto, d’accordo, ma quello che intendo dire è che ci interessa far emergere il più possibile la nostra identità, e paradossalmente il modo migliore che abbiamo trovato per farlo è stato adottare un outfit “neutro”, una sorta di divisa.

Il nuovo album, il video, e i concerti?
Arriveranno a breve! La risposta nei confronti di “Ghosts” è stata, finora, molto positiva. Speriamo che questo entusiasmo ci dia la possibilità di portare la nostra musica il più lontano possibile, anche se di questi tempi è un po’ più difficile.

Grazie per l’intervista. Ti lascio con i lettori!
Grazie a te per questa opportunità ed un grosso grazie anche ai lettori, speriamo di avervi fatto venire voglia di ascoltare “Ghosts”, ne vale la pena, promesso!

(Alberto Vitale)

Recensione