Piccola ma variopinta realtà musicale, gli Hadeon mi hanno colpito per inventiva e tenacia nel misurarsi al di fuori della classica e stereotipata struttura della canzone rock. Ecco allora una piacevole conversazione con Federico Driutti, cantante del combo.

MH: Ciao! Benvenuto nelle pagine digitali di Metalhead.it! Allora, già recensendo la vostra opera (QUI) prima ascoltavo e mi ponevo alcuni quesiti. Prima di tutto ho notato molto equilibrio e molta continuità tra le canzoni. Possiamo parlare di concept?
FD: Si, la formula del Concept ci è risultata da subito compatibile con il genere proposto e le idee che volevamo esprimere attraverso la musica. In sintesi “Sunrise” parla di problematiche reali presenti nell’uomo moderno in forme leggere e pesanti e questo è il principale collante dei vari brani. La scelta di porre attenzione all’irreversibilità di alcuni di questi disagi/malattie non vuole comunque creare sconforto nell’ascoltatore, anzi, esso viene posto dinanzi alla cruda follia della mente umana, ma dall’altra parte vi è sempre una ricerca interiore che porta alla luce. Per cui “Sunrise” porta fondamentalmente un messaggio di luce, rinnovamento e positività, partendo da elementi fortemente negativi.

MH: Si potrebbe disquisire ore su cosa faccia dire che un musicista è dotato o meno. Per me essere davvero dotati tecnicamente significa saper suonare ma senza farlo sentire direttamente. Nella batteria ad esempio, giudico più bravo chi riesce tecnicamente ad impressionarmi con tempi lenti piuttosto che con un blast beat. Secondo voi che cos’è il talento nel rock e più in generale nella musica.
FD: Inutile dire che nel contesto musicale contemporaneo la tecnica musicale si è innalzata parecchio rispetto gli anni che furono. A nostro parere la differenza che può fare un musicista al giorno d’oggi si basa in gran parte nella sua capacità di percepire ed interpretare la musica, specialmente in fase compositiva. Siamo invasi dalle cover band che riproducono fedelmente ed impeccabilmente i grandi classici degli anni 70/80, saturando il panorama musicale e senza lasciare spazio all’inventiva. Posso essere d’accordo sul fatto che creare qualcosa di davvero originale oggigiorno sia davvero difficile, ma quello che davvero contraddistingue un musicista di talento è lo stile con cui fa musica. Stile è un connubio di peculiarità quali personalità, tecnica, qualità… trovare il giusto equilibrio tra questi elementi caratterizza il musicista in ogni suo aspetto.

MH: Chiedo questo perché secondo me siete musicisti con talento, ma quello che mi ha fatto arrivare a questa conclusione è soprattutto la struttura non canonica delle vostre canzoni, slegata dal solito ”coro, coro, ritornello, assolo, coro’. Vi riconoscete in questo?
FD: Il fatto che ci siamo slegati dalla classica struttura delle canzoni è sicuramente peculiarità del genere progressive, ma soprattutto una scelta compositiva. Molti dei pezzi presenti nell’album sono dei veri e propri flussi narrativi che ripercorrono le azioni, i comportamenti e i pensieri dei personaggi del concept. Il talento rimane secondo noi una cosa slegata comunque dalla scelta compositiva per i motivi citati nel punto precedente.

MH: Nella mia breve rece (QUI) ho accostato la voce ai Queen e agli Opeth. Non chiedermi perché, ma questa è stata una mia sensazione. A tal proposito cosa mi dici rispetto a questa mia impressione?
FD: Opeth sicuramente per l’alternanza tra una parte pulita da una sporca ma Mikael Åkerfeldt non è comunque mio ispiratore. Molto lusingato anche di essere stato accostato a Mercury, mi ritrovo in molte sue espressioni melodiche, ma ahimè, pure lui non è uno dei miei principali ispiratori. Lo studio della tecnica è partita sulla base del primo Labrie dei Dream theater e mi ritrovo affine in molti frangenti alla timbrica del cantante dei Leprous e qualche pizzico degli Haken.

MH: Inoltre, per me siete più un gruppo rock che metal. Scomoderei i Marillion in alcune strutture. Vi sentite un gruppo metal o un combo musicale in generale?
FD: Completamente d’accordo con te. Benché ci siano degli slanci chiaramente metal all’interno dell’album, il motore trainante è fondamentalmente rock prog e affonda le radici, a tratti, nei gruppi prog anni 70 (io scomoderei King Crimson e Genesis). Marillion si e no, se non come conseguenza ai lori chiari ispiratori (appunto i Genesis).

MH: Date live? Pensi sia difficile per voi ricreare atmosfere e suoni dal vivo?
FD: Essendo il cantante anche tastierista, alcune parti nei live vengono riprodotte in base lasciando più espressione e spazio alla voce. Ricreare a pieno il sound del CD è laborioso, ma noi pensiamo vivamente che l’aspetto live in sé porti di base un valore aggiunto molto importante che compensa tranquillamente la mancanza di qualche suono presente solo su supporto registrato.

MH: A proposito, la registrazione come è avvenuta? Vi siete ritrovati assieme oppure avete inciso separatamente?
FD: Voce, tastiere e basso sono stati incisi in uno studio mentre le due chitarre in un altro studio ancora. Il mixing e il mastering poi sono avvenuti nel primo dei due.

MH: Tornando all’aspetto dal vivo, come vedi la situazione odierna? Qui da noi, a parte alcune grosse realtà che resistono, c’è stato uno stillicidio di locali dove si suonava. Ormai sembra che il pc sia la nostra interfaccia preferenziale con il mondo. E mi sembra che questo sia in netto contrasto con quanto espresso con il vostro concept…
FD: Come già detto prima, “Siamo invasi dalle cover band” e l’Italia purtroppo è la tomba della musica underground a livello di supporto e spazi dedicati, nonostante ci siano comunque piccoli festival e contest che cercano di sostenerli. I locali non accettano più (forse qualcuno si ancora…) di far suonare una band, anche gratuitamente, solo per permetterle di farsi pubblicità. O c’è un tornaconto oppure ciccia! Quindi mancano spazi ma anche persone che supportano dal vivo la musica emergente. Maledetto PC appunto!

MH: D’accordo. Grazie per la disponibilità e la cortesia. Ti lascio le ultime righe bianche per un saluto ai nostri lettori.
FD: Grazie infinite per la recensione e lo spazio dedicatoci. Di band emergenti underground è tappezzato il territorio nazionale e di musicisti competenti e talentuosi altrettanto. Dobbiamo farci sentire certamente, ma dall’altra parte abbiamo bisogno di qualcuno che ascolti e voi siete la nostra linfa vitale. Alla prossima.

(Enrico Burzum Pauletto)