I Mainline fecero parlare di se già nel 2007, poi le cose sono andate a rilento e il batterista Alessandro Benedetto ci spiega il perché, oltre a testimoniare alcuni traguardi raggiunti e la cura appassionata avuta per l’ultimo e ottimo album “Azalea”.

Cosa c’è stato tra “From Oblivion to Salvation”, del 2007, e il nuovo “Azalea” per i Mainline?
Un insieme di piccoli e grandi cambiamenti, alcuni dei quali si sono realizzati sulla distanza, a partire dalla line-up: Diego e Simone si sono allontanati dalla band nel 2008 per impegni sia personali che musicali (attualmente Diego è chitarrista dei Septycal Gorge). Trovare dei sostituti all’altezza ha richiesto tempo. Con l’ingresso nella band di Flavio e Davide ci siamo resi conto che era necessario reinventarsi musicalmente per poter continuare la nostra avventura, ma senza dimenticare cosa di buono era stato fatto fino ad allora. Dal tempo speso in sala e dai tanti concerti fatti per rodare la nuova formazione è arrivato un promo nel 2009 (“Mainline”), con cui abbiamo imbastito le canzoni finite poi in “Azalea”.

Faccio una domanda da profano: come è possibile che un album come “Azalea” non abbia trovato un’etichetta?
Concluse le registrazioni abbiamo fatto ascoltare il lavoro ad alcune label che erano interessate alla nostra musica, già dai tempi di “From Oblivion To Salvation”. Purtroppo non abbiamo avuto proposte realmente convincenti: legarsi a un’etichetta spesso rende necessario raggiungere dei compromessi che in molti casi, più che giovare alla band, sono dettati dalla sola esigenza di vendere dischi. Rinunciare all’aiuto e ai mezzi di una label può sembrare controproducente, ma se si valuta la possibilità di gestirsi e produrre la propria musica compatibilmente con quelli che sono gli impegni (studio, lavoro, vita privata) dei membri della band e le reali necessità del gruppo, si scopre che, in molti casi, non è un azzardo.

“Azalea” lo avete inciso, ora va promozionato e portato in giro. Come si muovono i Mainline, quali strategie adottate?
Entro breve partiremo in tour europeo con i nostri amici Neaera per diverse date promozionali. A seguire suoneremo il più possibile anche in Italia. Sul lato “visivo” della promozione, stiamo lavorando a un videoclip del singolo con cui abbiamo presentato il disco: “The Romantic End”.

Perchè un brano come “Saturno Rege”? Ha a che fare con la vostra (e la mia) passione per i Pink Floyd? Notata sul vostro profilo facebook. Può essere questa una futura direzione nel vostro sound?
“Saturno Rege” è una canzone particolare, nata come esperimento e dalla volontà di mettere nel calderone anche influenze non derivanti da metal e post hardcore, le principali linee su cui ci siamo mossi negli anni. In particolare il nostro chitarrista Stefano è molto affezionato a sonorità più psichedeliche e acide, e in questa canzone trova maggiormente spazio. Sicuramente in futuro non posso escludere che cercheremo di sviluppare il nostro sound in altre direzioni, compresa quella presa in “Saturno Rege”.

Ho apprezzato la durata dei brani, secondo me li avete assestati su un minutaggio davvero consono alla proposta. Ci avete lavorato su questo aspetto oppure è stato casuale?
Come hai giustamente notato durante la fase di arrangiamento delle canzoni abbiamo prestato attenzione anche al minutaggio di queste, in modo da non perdere l’immediatezza delle stesure. In passato, una delle critiche mosse alle canzoni del primo disco riguardava proprio il minutaggio eccessivo di esse. Cercando di imparare dalle critiche costruttive abbiamo fatto del nostro meglio per migliorare.

Cosa ha portato ai Mainline il fatto di esibirsi con Alexisonfire, For The Fallen Dreams , Misery Signals, Evergreen Terrace e altri?
Ha portato innanzitutto delle grandi soddisfazioni personali, dando nel contempo la possibilità di osservare e capire da un punto di vista privilegiato delle band che han fatto molta più strada di noi. Unitamente a queste considerazioni rimane sempre la possibilità di portare la tua musica ad un pubblico più ampio, aumentando le possibilità di farsi conoscere, inclusi gli addetti ai lavori, sempre presenti nei grossi festival o nelle date di gruppi importanti.

La scena metal italiana è schiacciata tra le difficoltà di reperire spazi per suonare, oltre alle congenite difficoltà di mercato per i tanti e noti motivi (internet e la pirateria e la poca cultura verso il genere). Siete in attività da molti anni, colgo dunque l’occasione di chiedere se tutto questo lavoro ripaga e in cosa.
Se poniamo queste osservazioni da un punto di vista economico è un lavoro quello del musicista che, almeno nell’attuale situazione della band, non è sufficiente a darci da vivere. Tutti quanti noi abbiamo un altro lavoro oltre alla musica per tirare a campare. I margini per sentirsi ripagati stanno, nelle esperienze che ho avuto finora, ampiamente sul versante delle soddisfazioni personali: più che suonare per vivere mi viene da pensare spesso e volentieri che in realtà viva per suonare! Una sorta di dipendenza che mi ha fatto superare molti momenti difficili, anche quelli in cui è sopraggiunta la tentazione di appendere le bacchette al chiodo.

Grazie per il tempo concessomi. A te il saluto ai lettori.
Grazie a te per lo spazio concessoci su Metalhead e un invito, a tutti coloro che apprezzano la musica a qualsiasi livello, di viverla supportandola dal vivo, seguendo i concerti, senza accodarsi passivamente all’esterofilia mediatica dilagante di questi ultimi anni.. Ciao e alla prossima!

Alberto Vitale

recensione: https://www.metalhead.it/?p=2900