In occasione dell’uscita fresca fresca di un EP che quasi assume le sembianze di un album completo (recensione qui), abbiamo preso al volo l’occasione di intervistare una piccola realtà tutta tricolore che si spera negli anni possa affermarsi allargando i propri orizzonti. Eccoci quindi con Gianpaolo Polidoro, voce e chitarra del gruppo.

MH: Ciao ragazzi! Siamo contentissimi di ospitarvi nel nostro sito. Intanto volevo chiedervi se siete contenti della vostra ultima creatura, “Humanocide”…
GP: Ciao e grazie a te per la possibilità che ci dai nel poter raccontare parte della nostra storia. Dopo 4 mesi dall’uscita del nostro EP “Humanocide” possiamo ritenerci soddisfatti per come sia riuscito il lavoro in studio ed in fase di assemblaggio compositivo, non molto a livello pubblicitario e di presentazione live dato che siamo ancora alla ricerca della sezione ritmica (basso e batteria).

MH: Non è poi un mistero che ci sia un concept dietro a quello che in fin dei conti non è proprio un EP, ma quasi un album completo… Ce ne volete parlare un po’?
GP: I temi trattati in “HUMANOCIDE” sono rivolti sempre al medesimo contrasto tra il bene ed il male ma questa volta in chiave più razionale, spaziando da soprusi di massa attuali come il terrorismo, la depravazione in senso maniacale ed il “politicantesimo” nelle vesti di uno sgomento generale e generalizzato in trama internazionale. Malerie rappresenta la controparte femminile di Malet sulla terra, dedita a mimetizzarsi tra le nefandezze e gli orrori di un’imminente apocalisse del genere umano. Si parla di umanocidio, in quanto siamo noi stessi umani gli attori di questo spettacolo perverso e alimentante un’ostinata redenzione della paura stessa. Alla fine, una speranza può essere rivelata da una compensazione delle anime che porterebbe a disinnescare il meccanismo subdolo e perseverante delle sfere religiose, politiche e, non meno importante, di quel velo di una fredda indifferenza che ognuno di noi potenzialmente può ricorrere verso la povertà assoluta dell’altro ma che solamente i negligenti sanno coltivare, al contrario di chi riesce a sopprimerla con certezze, speranza ed esistenza.

MH: È una domanda che faccio sempre, son curioso degli aspetti tecnici legati alla creazione di un cd: avete registrato separatamente, magari ciascuno in luoghi diversi e a distanza, o vi siete trovati insieme e inciso in una sessione condivisa?
GP: Le registrazioni dei nostri album o demo avvengono sempre nel medesimo studio e sotto la supervisione del Maestro Marco Fanella (I dottori) ed ogni strumento viene registrato singolarmente e rispecchiando la tradizionale scaletta ovvero iniziando dalla sezione ritmica per poi passare alle chitarre ed infine alla voce. Dopo aver sistemato le basi si passa alla fase più divertente e meno stressante (almeno per quel che mi riguarda) rappresentata dagli arrangiamenti finali.

MH: Il vostro è uno stile che ha sempre portato grande ammirazione tra il pubblico italiano, legato al power grazie a nomi tricolori divenuti poi piuttosto importanti. Lo avete scelto con l’idea di puntare sul sicuro o il vostro è un amore romantico per il metallo più classico?
GP: Lo stile di Malsanity e Humanocide è il risultato delle influenze di ognuno di noi. Il nostro obiettivo era infatti quello di riavvolgere il sound del metal più “classico” degli anni ‘70-’80 per poi “modernizzarlo” con qualche elemento progressive ed un sound contemporaneo.

MH: Tutto, dalla voce alla struttura delle canzoni nella vostra opera mi fanno pensare a vari colossi storici del metallo. Ma se doveste sparare tre numi tutelari senza pensarci troppo, che nomi direste?
GP: Queensryche, Helloween e Metal Church!

MH: E tuttavia la vostra musica risulta anche tecnicamente accattivante, una cosa curiosa se si pensa al metal classicamente inteso… O forse no?
GP: Tutto sta nel lasciarsi andare durante la composizione e non pensare troppo alla nascita di ogni brano e da lì esce fuori quell’ardore metallico che fa parte di noi, poi le sfumature tecniche si ottengono durante l’assemblaggio finale dei brani.

MH: Immagino che oltre ad essere musicisti siete anche fans della musica che proponete… Siete andati a qualche concerto grosso ultimamente?
GP: Siamo in attesa del concerto dei Megadeth a Roma e, purtroppo, mi sono lasciato sfuggire la reunion degli Helloween sia a Milano che a Firenze. L’ultimo grande concerto è stato Manson al Rock in Rome.

MH: Ve lo chiedo perché penso che ormai i prezzi dei biglietti siano lievitati a prezzi assurdi. Secondo voi il business è stato definitivamente fiutato anche nel vostro ambito musicale?
GP: Direi assolutamente no per quel che riguarda la scena underground metal italiana e questo si ripercuote notevolmente anche sulla possibilità di esibirsi live. Sono un appassionato della scena metal underground e posso dire con fierezza che ci sono band che potrebbero giocarsela alla pari con realtà affermate ed internazionali.

MH: Ascoltate ancora il caro vecchio vinile? Personalmente ritengo sia ancora il supporto privilegiato per ascoltare appieno il metal.
GP: Si, lo adoriamo e quando c’è la possibilità ci accaparriamo cimeli passati a qualche fiera del disco.

MH: Cambiamo argomento. In chiave live come siete messi? Siete del parere che deve essere lì sul palco il vero lavoro del musicista?
GP: Ora siamo alla ricerca di un basso e batteria e quindi siamo fermi ma appena saremo pronti con una nuova line-up ci ritufferemo in ciò ch’è la linfa della musica: il live show.

MH: In base alla vostra esperienza esistono ancora locali squisitamente live? Intendo quelli ad ambiente ‘famigliare’, in grado di proporre soprattutto piccole realtà al di fuori delle solite cover band…
GP: Tra Novembre e Dicembre 2017 abbiamo contattato all’incirca una sessantina di locali in tutta la nazione. Solamente in due hanno risposto. Per farti capire come viene negata la possibilità di comin’ out alle band nostrane.

MH: D’accordo ragazzi, siamo giunti al termine della chiacchierata. Lascio a voi la chiusura, andate a briglia sciolta…
GP: Con il ringraziarvi nuovamente per lo spazio concesso, chiediamo a tutti i vostri follower di dare una possibilità di ascolto ai Malet Grace ed eventualmente contattarci su Facebook, Twitter, YouTube, Spotify, Instagram e sui vari Global Digital Stores… Siamo un pò ovunque. Questo discorso vale per tutta la scena underground italiana, dato che le nostre band nazionali meritano sicuramente un sostegno maggiore sia a livello di visibilità, ascolto e d’impatto sulla scena internazionale. Concludiamo con la speranza che la nostra musica possa suscitarvi interesse, sostegno ma soprattutto fiducia in un genere che è ancora più che mai vivo. Per chi fosse interessato a provare con noi (basso e batteria), può contattarci tranquillamente anche sui social network. Keep the faith alive!

(Enrico Burzum Pauletto)