Matteo Baroni è uno degli eroi della scena musicale. Uno dei tanti. Ce ne sono centinaia, migliaia come lui in tutto il mondo. Sono le persone che lavorano duro, nel nome della passione, per portarci sotto casa bands note o meno note, provenienti da tutto il mondo. Gente come Matteo riesce a portare sul palco dei numerosissimi club sparsi ovunque sul territorio tutte le bands che amiamo, famose o underground, appartenenti a qualsiasi genere musicale. È gente come lui che organizza festival a tema, serate o giornate con una dozzina di bands che si susseguono su un palcoscenico, dando vita a quella bellissima esperienza sociale ed artistica che chiamiamo ‘concerto’. Matteo, con la sua Orion Agency, è anche socio e direttore artistico del The Factory, un ottimo live club della provincia di Verona, uno dei tantissimi sparsi su tutto il territorio nazionale. Eroi dicevo? Si perché questi personaggi, oltre a fare quel che già fanno, appartengono ad uno dei settori più colpiti dai vari lock-down, dalle varie nuove regole, da coprifuochi e restrizioni di ogni tipo. Ma loro rifiutano di darsi per venti, tanto che, recentemente, hanno voluto fari sentire con un messaggio forte, assolutamente tuonante a livello mediatico… anche se drammaticamente silenzioso: l’ultimo concerto.

MH: Ciao Matteo! Recentemente successo qualcosa di epico… ma andiamo con ordine. Tu ed il club per il quale lavori, il The Factory… dimmi, davvero, come state? È un anno, salvo qualche sporadica apertura, che non lavorate.
MB: Ciao Luca, praticamente sì. Quando si torna alla zona gialla, come ora, riusciamo a portare avanti le sale prove e qualche qualche piccola iniziativa come i corsi di musica The Factory e i workshop in presenza di RILLS (un collettivo che propone musica elettronica, il quale collabora con noi) e poco tempo fa abbiamo avuto il piacere di ospitare il Verona Digital Music Fest, festival in streaming di bands underground veronesi. Quindi non siamo del tutto fermi e per fortuna abbiamo delle soluzioni per far lavorare il The Factory quando siamo in zona gialla. Ma gli incassi naturalmente sono comunque molto più piccoli rispetto all’attività normale, considerando anche gli scorsi periodi di zona rossa e arancione, in cui eravamo completamente fermi per legge.

MH: Niente incassi. Le spese rimangono? Parlo di affitti, mutui, dipendenti, contratti di fornitura…
MB: Ovviamente si. Abbiamo avuto una parziale agevolazione con il credito d’imposta sull’affitto, che terminerà questo mese, ma tutto il resto come la restante parte di affitto non coperta dal credito d’imposta o le tasse e le utenze rimangono.

MH: Visto che vivi -o dovresti vivere- di eventi live… puoi un po’ riepilogare per i lettori cosa sta veramente dietro a quello che vediamo tutti, ovvero l’azione del comprare il biglietto, andare al locale e assistere al concerto, prima di far ritorno a casa? Perché la produzione, ovvero tutto quello che si cela dietro, dai permessi all’organizzazione, fino a catering o bar o trasporti e hotel per gli artisti… non sono cose che si organizzano da sole….
MB:Assolutamente no, c’è il sentore comune che organizzare un evento sia un gioco o che basti una telefonata o due mail per organizzare una serata, ma non è affatto così. Un locale che deve garantire una continuità e una varietà di programmazione parte dalla raccolta (o dalla ricerca, talvolta) delle proposte e dalla successiva cernita per poter garantire una programmazione a calendario più varia possibile per poter accontentare tutti i gusti dei clienti. Successivamente c’è la contrattazione con gli artisti e/o le agenzie, la ricerca delle bands d’apertura, la gestione delle prevendite, gli annunci dell’evento da fare e la promozione degli eventi stessi. Dopo di questo c’è quello che io chiamo il ‘rush finale’, ovvero quella parte da gestire i giorni immediatamente precedenti all’evento come la gestione dei permessi SIAE, l’organizzazione della parte tecnica del palco per gestire le richieste degli artisti (questo capita soprattutto con le band cariche di scenografie, oppure quelle band che hanno tanti componenti e quindi una corposa parte tecnica legata, ad esempio, alla preparazione di cavi, DI e backline aggiuntive), la gestione dello staff, il trasporto degli artisti da aeroporti/stazioni al locale o hotel, la preparazione del catering e delle cene e, naturalmente, la completa supervisione della buona riuscita dell’evento dall’arrivo degli artisti alla chiusura del locale. Non mi dilungo ulteriormente nel dettaglio di questo tema poiché mi servirebbe un intero articolo solo per quello, ma la gestione degli eventi, soprattutto in un locale che propone programmazione settimanale continua, richiede un lavoro intenso e di squadra, il quale porta via tantissime ore e richiede anche molta organizzazione (e pazienza).

L’ingresso vuoto del locale chiuso.

MH: Mi sembra che nei mesi scorsi sei riuscito ad aprire per qualche serata: com’era un evento da voi con distanze, mascherine e chissà quali altri regole? Perché in un posto come il The Factory uno ci dovrebbe andare per sentirsi libero…
MB: A parte con i Vader e la presentazione del libro dei Death SS con Steve Sylvester, abbiamo sempre organizzato eventi con bands underground con i posti a sedere e con regole e limitazioni per legge ai limiti dell’assurdo. Ma l’abbiamo fatto: è stato strano, limitante, difficile da gestire e MOLTO stressante, poiché dovevamo coordinare il rispetto delle regole senza creare eccessivo disagio a chi usufruiva dei nostri spazi, vivendo nel timore dei controlli (che ci sono stati). Tuttavia, tutta questa fatica è stata ripagata dal pieno supporto dei nostri clienti che ci hanno anche dimostrato grande affetto e, da questo punto di vista, è stata la nostra più grande soddisfazione che ci ha convinti a non mollare mai, andando avanti finché si sarebbe potuto!

Concerto dei Vader: pubblico seduto e distanziato

MH: Andiamo al punto. Sabato 27 Febbraio 2021. L’Ultimo Concerto. Un evento favoloso, una forte scossa per istituzioni, scena e pubblico. Come è nato tutto questo e come avete aderito?
MB: Ultimo Concerto è un’iniziativa nata da KeepOnLive, supportata anche da Assomusica e da ARCI. Inizialmente, quando uscì il poster-mosaico con le foto degli ingressi dei locali, furono solo alcuni tra i principali live club italiani a partecipare. Dopo aver letto i primi comunicati ci siamo informati, abbiamo letto il manifesto (qui) e abbiamo deciso di aderire come The Factory a questa iniziativa, dopo aver contattato le principali pagine social di Ultimo Concerto. Tanti altri come noi hanno aderito a questa sorta di ‘protesta silenziosa’ e nel giro di poche settimane si è arrivati a 130 live club complessivi! Per noi di The Factory è un momento straordinario, poiché ci sentiamo parte di un grande movimento unito per una causa comune importantissima per il nostro settore, ahimè spesso dimenticato dalle istituzioni.

Frame del video di The Factory per Ultimo Concerto

MH: Cosa volete ottenere? Perché vista la situazione ci sono tre strade: o vi fanno lavorare, o vi offrono un supporto economico. O chiudete. Tutti. Parlami dell’obiettivo di questa campagna, magari riassumendo il manifesto.
MB: Il manifesto di Ultimo Concerto è una spiegazione nel dettaglio con numeri e percentuali che dimostrano il momento di estrema difficoltà che stanno vivendo i live club come il nostro e quindi tutto il nostro settore musicale, durante questa pandemia. Oltre a questo, nel manifesto sono indicati gli obbiettivi della campagna di Ultimo Concerto che, sintetizzando estremamente, sono 4:
1. Sostegno economico emergenziale per la sopravvivenza delle nostre attività durante la pandemia fino alla completa ripartenza, con contribuzioni a fondo perduto e defiscalizzazioni.
2. Riconoscimento della categoria ‘Live Club’ da parte delle istituzioni nazionali e regionali, come avviene già per moltissime altre imprese, al fine di ricevere agevolazioni e misure di sostegno al nostro settore.
3. Riforma fiscale dei Live Club ed eliminazione della tassa sullo spettacolo (ISI).
4. Promozione e sostegno all’ammodernamento dei Live Club e alla nuova apertura degli stessi. Attualmente stiamo già raggiungendo dei risultati che personalmente, vivendo nell’ambiente musicale, ritenevo letteralmente IMPENSABILI! Dopo il 27 Febbraio hanno parlato tutti di Ultimo Concerto: dai media nazionali (Italia 1, SKY, La7, Repubblica, TGCOM ecc.) a tutti i media locali, oltre al continuo tam tam sui social network (talvolta alimentato dagli eterni polemici ‘all’italiana’ ma va bene così. L’importante è che se ne parli!). Inoltre, è stata ottenuta un’audizione col ministro della cultura Franceschini e un rinnovamento (piccolo, ma è pur sempre un primo passo) al fondo d’emergenza per la cultura.

MH: Perché c’è stata gente che si è lamentata dell’assenza di questi streaming? Siamo davvero ridotti così male? Uno legge due parole di un post su un social, pensa di aver capito tutto e pretende di avere il diritto di dire o scrivere un mucchio di stupidaggini, spesso offensive? Ho sentito di persone deluse in quanto si erano organizzate con la serata libera da altri impegni per uno streaming che non c’è stato…. che altri impegni avevano, considerando che è tutto chiuso? Qualche giorno fa Radiofreccia nella trasmissione della mia amica Titania, uno ha sostanzialmente dichiarato che bisogna pensare a vaccinarsi e non all’assenza della musica dal vivo… ok, vacciniamoci, vacciniamo il pianeta… ma quanto avremo finito di vaccinarci… ci saranno ancora i locali dove tenere i concerti? O saranno tutti bancarotta?
MB: Se non portiamo al centro dell’attenzione il nostro settore e non veniamo quindi tutelati, coloro che ora si lamentano per aver perso un concerto in streaming gratuito o quelli che dicono che ‘non siamo la priorità’, non avranno nemmeno la possibilità di vedere un concerto VERO quando ci sarà la completa riapertura nel 2022 o 2023, perché il nostro comparto sarà totalmente fallito. Poi, saranno anche gli stessi che si lamenteranno che non ci sono concerti in giro? Con noi lavoratori dello spettacolo ‘uccisi’ dai debiti a causa del fallimento delle nostre attività? Ritengo comunque che questi ‘polemisti’ siano la minoranza, i messaggi di affetto e di supporto sono stati di gran lunga superiori, così come il supporto dei musicisti e degli addetti ai lavori. Ma il fatto che tanta gente, ancora troppa, abbia preferito polemizzare sul mancato streaming gratuito o sul fatto ‘che la nostra protesta è inutile’ dimostra ancora una volta che in Italia, purtroppo, c’è un problema culturale riguardo al nostro settore: il nostro non è considerato un lavoro, ma un gioco. E quindi è tutto deve essere dovuto e gratuito, tanto che non aver pubblicato dei veri concerti in streaming è una presa in giro. Niente di più sbagliato: noi NON volevamo prendere in giro nessuno, ma volevamo sensibilizzare la popolazione sul tema, far sì che se ne parlasse il più possibile per poter arrivare ai piani alti e portare avanti gli obbiettivi del manifesto. E al momento, possiamo dire con certezza ed entusiasmo che la strategia sta funzionando!

I soci del The Factory

MH: Sempre tra questi personaggi, un altro ha dichiarato che voi live club dovreste fare come all’estero e organizzare eventi streaming a pagamento. A parte il fatto io, per esempio, ho già molti DVD delle mie band preferite registrati in occasione di mega concerti storici… ma non non guardo nemmeno quelli… quindi per quel che mi riguarda lo streaming può morire anche subito… ma tu puoi spiegare cosa significa economicamente organizzare un concerto in un locale con, diciamo, un capienza di 500 persone (ammesso vengano tutte) per una/due/tre bands underground con un biglietto alla porta di 10-15 euro?
MB: Questa domanda è molto interessante e ti ringrazio per averla fatta! Poiché tanti si lamentano dell’ingresso o della tessera del locale (vorrebbero tutto sempre e comunque gratis..), talvolta con i miei soci ridiamo e scherziamo molto su questa cosa dicendoci cose del tipo ‘Hey, stasera facciamo 10€ d’ingresso, domani finalmente corro in concessionaria a prendermi il Maserati Quattroporte’ oppure ‘Beh dai, con i 5€ d’ingresso di domani finalmente potrò pagarmi 3 settimane di vacanza alle Maldive’. La verità è che nella musica live il pagamento dell’ingresso serve a coprire i costi di produzione quali: il cachet degli artisti, i fonici, lo staff, vitto e alloggio per gli artisti, la SIAE (che si prende il 10% di tutte le entrate + 22% IVA), il catering, le cene, la security e tutte le spese derivanti dall’organizzazione di un evento. In questo incasso gli organizzatori devono sempre prevedere un margine di utile in fase organizzativa e di trattativa con gli artisti, anche come copertura nel caso in cui l’evento non vada bene (cosa che può capitare nel nostro settore, ahimè). Solitamente il ‘guadagno sicuro’ (sul quale comunque vanno pagate le tasse e le forniture) di un evento è rappresentato dai consumi del bar. Impensabile in quest’ottica di ottenere gli stessi margini (anche di mera sopravvivenza) con un live streaming a pagamento, nel quale dove manca il bar e gli altri servizi che un locale può offrire (banchetti, meet & greet, cene ecc). Va comunque pagata, ad esempio, l’attrezzatura per supportare uno streaming di qualità, e questo è tutt’altro che economico. Inoltre questo danneggia le bands, le quali non possono vendere il merchandise.

MH: A naso, tu che ci sei dentro, che sei del mestiere: come la vedi? Oltre a quello che vediamo e sentiamo tutti, ci sono notizie, speranze, informazioni che possano far ben sperare? Cose tra addetti…
MB: Sarò sincero: prima di Ultimo Concerto la vedevo nerissima. Lentezza enorme nella distribuzione dei vaccini in Italia e in Europa, nessun aiuto concreto o significativo al nostro settore e nessuna speranza di ripartenza a breve, almeno con i posti a sedere. Ma nella settimana precedente all’Ultimo Concerto del 27 Febbraio qualcosa ha iniziato a muoversi grazie a questa iniziativa e si è iniziato a parlare di incontri col ministero, probabili riaperture, ecc. Questo ha riacceso un pochino la speranza e pare pure che nel nuovo DPCM sia prevista una limitatissima riapertura per gli spettacoli dal vivo in zona gialla. È ancora tutto da verificare per capirne la reale fattibilità, ma perlomeno tutto questo mi ha ridato una piccola speranza che prima non avevo affatto. E diciamolo pure, senza la protesta di ‘Ultimo Concerto’ che ha unito per la prima volta Live Club e musicisti, questa piccola luce non si sarebbe MAI accesa.

MH: Non credo sia un problema solo italiano, in quanto alla fine certi nomi fanno tendenza e attirano la stampa nazionale ovunque. Tuttavia sono venuto a sapere che Studio Aperto di Italia1, per citarne uno, ha parlato di questo flash mob. Ma dimmi, se tra i vostri non ci fosse stato qualche nome illustre, ad esempio Ligabue, pensi che le televisioni ne avrebbero parlato?
MB: Probabilmente no, ma i musicisti mainstream non sono meno colpiti di noi da questa crisi pressoché totale del settore e, al netto dei miei gusti personali (molto più estremi!), sono felice anche dei ‘big’ della musica pop, rock e commerciale come Ligabue e Roby Facchinetti abbiano aderito a questa iniziativa, in quanto hanno fatto da megafono ad una causa che serve a tutti: sia alla scena underground dei medio-piccoli, sia la scena ‘mainstream’ dei grandi.

MH: Mi ricollego alla precedente domanda: qui non si suona dal vivo. Non lo fa nessuno. Niente locali, niente arene, niente stadi, niente festival. Niente di niente. E di conseguenza niente heavy metal, niente rock, niente pop, niente musica leggera, niente jazz, niente blues. Non c’è più niente. Ma allora, per quale motivo con L’Ultimo Concerto non c’erano tanti altri big? Tranne alcuni nomi, comunque di nicchia, la maggior parte degli artisti apparteneva all’underground. Ma dov’erano quelli grossi? I Big? Penso che nemmeno a loro piaccia stare rinchiusi in casa. Pertanto sono loro quelli disinteressati o è l’organizzazione che non li ha chiamati? Ci sono poi altre centinaia di bands di tutti i generi qui in Italia che sono venute a sapere di questa idea SOLO sabato sera… e se fossero stati contattati prima? Si potrebbe aver decuplicato l’impatto mediatico!
MB: Sinceramente non saprei dire il perché non c’erano altri ‘big’ per L’Ultimo Concerto. Noi però, come The Factory, nel ‘rush finale’ prima del 27 Febbraio abbiamo coinvolto le band che hanno suonato da noi, anche nella vecchia sede e c’è stata un’incredibile mole di condivisioni e supporto all’evento nei giorni immediatamente precedenti al 27 Febbraio. So per certo che anche altri live club si son mossi così e forse una parte del grande rimbombo mediatico che c’è stato nei giorni successivi è avvenuto anche grazie a questa mossa di unione tra live club e musicisti!

MH: Evito di esporre qui cosa penso io di questa situazione, di questa gestione, di questo virus… ma ci sono troppe cose che agiscono contro qualsivoglia forma di ottimismo. Ma proviamoci. Supponiamo che da ‘domani’ tutto finisca. Basta mascherine, distanze, limiti, orari, coprifuoco… per legge si vota la cancellazione dal dizionario di parolacce come ‘assembramento’ o ‘distanziamento sociale’. Tutto aperto, tutto come prima. Il primo concerto come sarà organizzato? Perché siete fermi da una vita, forse anche i locali non ricevono più la manutenzione ordinaria necessaria, le infrastrutture legate a bevande e alimenti (spine, cucine, ecc.) saranno in stato di abbandono, molti collaboratori fidati addetti a service di luci, audio, foto, catering, sicurezza e quant’altro avranno cambiato lavoro o chiuso definitivamente. Come sarà il primo giorno di lavoro di questo ipotetico, apparentemente distopico, ‘domani’?
MB: Per noi di The Factory il primo concerto in libertà sarà una grande festa in cui scorreranno fiumi di birra, ne son sicuro! Non abbiamo abbandonato il locale: stiamo facendo manutenzione e pulizia periodica a tutto il club per farci trovare pronti e per mantenere una condizione dignitosa, anche per ospitare quelle pochissime (ma vitali) attività extra che ora presenti nel nostro spazio. Inoltre, abbiamo approfittato del ‘lockdown musicale’ per sistemare alcune aree della location e abbiamo lavorato per portare nuovi format innovativi e nuovi generi musicali per quando ci sarà la totale riapertura in libertà. Siamo già pronti per ripartire a platea libera anche domani e anzi, speriamo che accada il più presto possibile! L’unica differenza da un normale evento sarà l’entusiasmo ENORME di tornare ad organizzare un concerto in totale libertà. Qualcuno penserà ‘beh, mi sembra abbastanza ovvio…’ ma non è così: mi vengono i brividi lungo la schiena solo ad immaginarlo, è da Febbraio 2020 che non succede questa cosa.Poi… purtroppo si, abbiamo perso qualche collaboratore per strada il quale ha cambiato lavoro, ma non abbiamo perso tempo e abbiamo già pronti i sostituti per quando ci sarà la totale riapertura.

Inaugurazione, Febbraio 2020, prima del caos… con i Goblin di Claudio Simonetti

MH: Ci siamo sempre lamentati di concerti con poco pubblico. Forse ci sono troppe bands, o troppi locali, o troppi concerti nella stessa data. Ma è noto che in Italia il pubblico preferisce vendere un rene per un’unica data di un nome grosso, piuttosto che andare al club per vedere musica meno mainstream, più sincera e sicuramente non di qualità inferiore. Che questa astinenza, alla fine, porti ad un beneficio…. che il pubblico possa iniziare a rendersi conto dell’immenso valore culturale delle serate che club come il tuo organizzano?
MB: Credo di sì, grazie all’astinenza e grazie anche alle iniziative come Ultimo Concerto o i Bauli in Piazza, in tanti hanno riflettuto sull’importanza vitale dei nostri spazi e credo che i locali come il The Factory acquisiranno una nuova linfa vitale quando ci sarà la totale riapertura. Non voglio illudermi che cambierà tutto (il problema culturale del nostro settore in questo paese rimarrà ancora a lungo), ma sono più ottimista in un’ottica di miglioramento in questo senso, rispetto al passato.

MH: Matteo. Ti ringrazio. Chiudi con parole tue, mentre -nel leggerle- io mi auguro di poterti rivedere presto sul tuo posto di lavoro, con il locale pieno… cosa che auguro a tutti quelli che fanno il tuo mestiere. Se voi aprite le porte, dietro di voi c’è un mare di altre figure che torneranno a… vivere.
MB: Voglio chiudere ringraziandoti per la bella intervista: credo che sia importante far conoscere al pubblico le dinamiche dell’organizzazione di un concerto e della gestione di un locale… lo ritengo un ‘fare cultura’, e mi piace molto! E poi concludo ringraziando tutti coloro che ci hanno supportato e sostenuto e che continuano a farlo, soprattutto tutte le persone, i musicisti e gli addetti ai lavori che hanno condiviso il nostro evento per ‘Ultimo Concerto’; sappiate che non era una protesta contro di voi, ma un modo per far sentire la nostra voce a chi di dovere, azione che già sta raccogliendo i suoi primi piccoli frutti! Speriamo di rivederci presto ad un concerto VERO sotto un palco a divertici, pogare, urlare e bere birra!

(Luca Zakk)