fotonoisekraft3Progetto strano, 100% italiano. Noisekraft è metal. Ma Noisekraft non è metal. Noisekraft è synth, shoegaze, dark, pop, e tantissime altre cose. È poesia, riflessione, ricerca interiore ed esteriore. Noisekraft è espressione di sentimenti di qualsiasi tipo. Ed io, da quando seguo questo progetto, mi sono sempre chiesto come possa essere così filosoficamente profondo il giovanissimo artefice di questa one man band. Mi è dunque sembrato giusto chiederglielo direttamente…

Ciao, grazie per l’intervista. Non appartiene proprio alla scenografia metal, ma la tua musica ha sempre attirato la mia attenzione per le palesi atmosfere oscure e decadenti. Da dove nasce questa mancanza di luce?

Fin dalla sua nascita nel 2011 Noisekraft ha rappresentato la mia parte più interiore, contorta ed oscura, quella che esternamente difficilmente risalta nelle situazioni quotidiane e nella quale risiedono le emozioni di ogni giorno, il pensiero irrazionale e non classificabile nella morale odierna. Anche se, ad essere sinceri, questo lato probabilmente è presente in ciascuno di noi, ma purtroppo non tutti hanno il coraggio di ammetterlo, magari per paura, magari per ripudio di certi ideali che difficilmente verrebbero accettati in questa società. Noisekraft in un certo senso non è altro che un “traduttore” di sensazioni, un mezzo per comunicare tramite musica quei sentimenti che normalmente sarebbero inesprimibili e non è un caso se le mie maggiori ispirazioni non derivino direttamente dall’ambito musicale, ma piuttosto da altri settori culturali quali letteratura e filosofia. Alla fine è solo un ritorno al senso primordiale e puro della musica come forma d’arte e di espressione personale, nulla più.

Le tue più recenti creazioni più vicine a territori rock, dark ed atmosferiche sono un po’ in contrasto con le tue release più lontane nel tempo, che erano di altro genere. Puoi spiegare l’evoluzione?

Il suono che pervade le mie releases è il riflesso della mia condizione in un determinato momento. Quando iniziai ad affacciarmi nel mercato musicale ero in quella fase della crescita in cui ci si accorge di quanto crudele sia la società in cui siamo gettati pur controvoglia e per questo le sfumature synthpunk delle mie prime tracce erano ben evidenti. Le solite cose, ribellione contro il “sistema”, disillusione e tutte quegli ideali che prima o poi ognuno di noi si è trovato ad affrontare; quello che i Pistols erano riusciti a sintetizzare nello slogan “No Future”. Poi però si assimila tutto ciò, ci si accorge di quanto gli squali che nuotano nella tua stessa piscina abbiano facce familiari e siano solo schiavi di qualcosa molto più grosso di loro. L’evoluzione sonica del progetto Noisekraft ha un parallelismo quasi perfetto con le fasi psicologiche di assimilazione di un lutto: rabbia, impotenza, depressione, accettazione, noia. E via di nuovo, in un Samsara infinito.

Sei stato sulla compilation Misantrof per ben due anni consecutivi. Parlami di questa esperienza, dell’emozione di essere scelto da un artista e produttore -Vrangisinn- in totale controtendenza con il resto del mondo.

Se posso essere completamente sincero non sono mai stato un grande fan della musica black e death metal, nonostante ne rispetti parte della filosofia ed apprezzi alcuni suoi artisti. Il progetto Misantrof però mi ha colpito subito grazie al suo credo anti-commerciale al massimo, particolarità di rilievo nell’odioso ‘business’ musicale. Far parte di ben due compilation è stato un’esperienza molto bella ed appagante, che mi ha permesso anche di sperimentare qualcosa di nuovo rispetto al solito. I ragazzi presenti insieme a me in entrambe le edizioni si sono rivelati estremamente originali e validi, quindi è vero che all’inferno c’è sempre ottima compagnia. (ride, ndr)

Come nasce il tuo sound? Da dove prendi l’ispirazione? Viene prima la musica o il concetto delle lyrics?

Bella domanda. Probabilmente qualcuno saprà già che oltre a musicista e produttore sono anche scrittore (la mia prima raccolta poetica è stata pubblicata lo scorso Febbraio) quindi direi che i testi hanno sempre avuto un’enorme importanza nelle mie canzoni. L’ispirazione purtroppo è un qualcosa di imprevedibile, ma solitamente la ricavo dalle varie esperienze quotidiane che vivo ogni giornata, qualsiasi cosa può essere spunto di riflessione. Non ho una vera e propria “ricetta” per un brano, semplicemente mi chiudo in studio e sperimentando con le varie strumentazioni cerco di traslare una certa sensazione in suono. La produzione per me è qualcosa di intimo e difficilmente potrei slegarlo da tutto il resto che accade intorno a me. Non riuscirei mai a fare come certe band che entrano in studio pensando “ok, oggi cerchiamo di fare la nuova Smells Like Teen Spirit”.

So che usi una vasta gamma di strumenti di vario tipo. Anche auto-costruiti. Poi spiegarmi qualcosa?

La passione per il lato pratico delle cose è un vizio di famiglia. Fin da piccolo ho cercato di capire il funzionamento di tutti quegli organi elettronici che girano per casa e così è stato anche per gli strumenti. Ad oggi credo di essere uno dei pochi a possedere una chitarra progettata e costruita specificatamente per la musica noise e non passa giorno nel quale non riesca a regalarmi grandi soddisfazioni. É stato una spesa non da poco, soprattutto a livello di energia più che monetaria però la soddisfazione di suonare uno strumento unico nel suo genere è un qualcosa di indescrivibile. Synth ed effettistica sono due mie grandi passioni e pian piano ho iniziato a modificare e costruirmi i pedali in base alle mie esigenze. Devo ringraziare in particolare Little Nightmare Lurkin che mi ha aiutato non poco nella realizzazione di uno di essi che è stato usato moltissimo nell’ultimo LP.

fotonoisekraft1Passiamo a “First Canvas. The Neverending Nothing”. Nella cartella stampa dai molte informazioni per capire il lavoro, ma probabilmente la gente comune non leggera o otterrà mai questi dati. Proviamo a spiegare alcuni punti salienti del lavoro:
A-la copertina. Bianco e nero a parte, sembra una foto scattata in vacanza, con un tizio che si tuffa in mare. Una ipotetica immagine allegra che nasconde una tragedia.
B-Il concept. E’ un suicidio con tutti i rivolti psicologici catturati prima, durante… e poi. Cosa puoi dirmi?
C-Spiega gli atti. Sono in ordine strano. Sono le fasi della vita del protagonista?

La copertina è chiaramente ironica rispetto al concept del disco. Il protagonista dell’intera vicenda sta affogando e mentre vede la sua vita allontanarsi compie un immaginario viaggio a ritroso nel tempo, rivedendo le fasi della sua vita, dalla nascita (il primo atto) fino alla tragica conclusione (quarto atto). Mentre esala il suo ultimo respiro ed i suoi polmoni si riempiono d’acqua, gli sembra di sentire in lontananza la voce della figlia che lo chiama. Il disco è una riflessione sulla memoria, sulla permanenza dei ricordi e sulla piccolezza dei problemi umani di fronte al passaggio fra vita e morte. L’intero LP nell’insieme vuole essere una fonte per le diverse opinioni degli ascoltatori, una base per mettere in discussione se stessi ed il mondo che ci circonda. Una sorta di esperienza che non si ferma una volta concluse le 8 tracce, ma prosegue nella singolarità di ognuno, un po’ come leggere per la prima volta “Essere e tempo”. Il parto di questi 40 minuti non è stato per nulla facile, visti anche i temi trattati. Spesso mi sono soffermato a chiedermi cosa possa sapere un ragazzo di 20 anni rispetto alla vita, alla morte, al suicidio; per questo ho cercato di trattare questo disco come un’opera teatrale, nella quale la finzione scenica è presente nonostante sia mascherata da vita reale. Come possiamo essere certi della loro differenza è un altro, articolato, discorso.

”Act IV: Amnios/He’s Gone Away” è una cover. Raccontami qualcosa.

Sono un grande fan della musica folk ed anti folk e prima o poi mi sarebbe piaciuto molto fare un esperimento del genere. Il cantautorato italiano e straniero mi affascina moltissimo, fa parte delle mie radici e sinceramente ne vado fiero. La canzone “He’s Gone Away” è un traditional americano di inizio ‘900 lasciataci da un autore ignoto e largamente interpretata nel secolo scorso in decine di stili diversi. Quella che trovate nel disco è la mia visione personale e lo-fi della canzone, unita ad un mio pezzo elettronico intitolato “Amnios”. Si amalgamava talmente alla perfezione con il concept del disco che la sua inclusione era quasi scontata.

Sei una one man band. Com’è creare qualcosa senza dover confrontarsi con altri artisti? E com’è essere una one man band in Italia?

Ah beh, se è per quello il 50% della stampa ancora continua a chiamarmi “band” o al massimo “solista”. La prima cosa che di solito mi dicono è “perché non provi a fare un talent show?” (ride, ndr) Scherzi a parte è una situazione che ha i suoi lati positivi e negativi con cui imparare a convivere: bisogna fidarsi ciecamente del proprio istinto e del proprio giudizio visto che ci saranno ben poche persone ad aiutarti da questo punto di vista. Allo stesso tempo però è una soluzione molto pratica che permette di risparmiare molto tempo speso per prove, registrazioni e tutto ciò che ci va dietro. Questo però non significa che non mi piaccia collaborare con altre persone, anzi. Spesso mi capita di aiutare band nelle loro produzioni ed inoltre faccio parte di due realtà italiane che risaltano non poco rispetto alla media nazionale: il collettivo ghost.city di cui fanno parte gruppi veramente validi, fuori dal comune e naturalmente Genesi57, una label indipendente straordinaria in cui la musica ha ancora l’importanza che merita e dovrebbe avere.

Ho saputo, con mio stupore, che hai fatto anche eventi dal vivo. Me lo puoi spiegare?

Subito dopo il tour in supporto al primo album decisi di prendermi una pausa prolungata dall’attività live che ormai dura da due anni. Non tanto per prendere tempo, produrre un disco nuovo, pensare a qualcos’altro, piuttosto perché quel continuo rimbalzare su e giù mi stava lentamente logorando fisicamente e mentalmente. Ero arrivato ad un punto in cui avevo letteralmente paura di salire su un palco, stare lontano dalla mia famiglia e tutto il resto. Ritornando alla domanda precedente questo è uno dei veri e propri drammi dell’essere un solista, non avere nessuno al seguito che sia con te nei “momenti morti”. So che il tour è per molti ragazzi che suonano un vero e proprio sogno e così è stato anche per me nei primi periodi, salvo poi diventare un vero e proprio incubo. Sono consapevole di quanto non suonare dal vivo sia a tutti gli effetti un suicidio commerciale però ho preferito dare la priorità a Marco e tutte le persone che vivono insieme a lui, non a Noisekraft. Negli ultimi anni ho comunque sporadicamente suonato insieme a qualche amico e devo dire che sono sempre stati eventi molto ben riusciti e di gran effetto. Dovessi mai ritornare ad un’attività regolare non lo farei per proporre il solito live di un’altra one man band qualsiasi, piuttosto uno spettacolo diverso dal solito che riesca a contemplare l’espressione personale in tutti i suoi campi.

Hai sfiorato un sacco di idee, generi, ispirazioni. Quali direzioni prenderà Noisekraft?

Ora come ora non saprei. A dire il vero avrei almeno altri 5-6 progetti futuri da sviluppare nel futuro prossimo, tutti abbastanza folli e non convenzionali. Proprio l’altro giorno mi è successo un fatto che mi ha portato a riflettere non poco: fra le varie mail che ricevo quotidianamente ce n’era una che in breve diceva “se sei depresso per conto tuo perché rovinare la vita anche agli altri?”. Non è tanto il messaggio in se, probabilmente mandato da un fan degli One Direction, ma il concetto che cercava di esprimere. Perché continuare a fare musica all’infinito? É vero, c’è un sacco di gente che quotidianamente ascolta ed apprezza le mie canzoni, nonostante queste non siano decisamente un tuffo nell’allegria. La musica ha decisamente una funzione catartica per ognuna di quelle persone che però magari sarebbero state meglio senza averle ascoltate. Forse l’ignoranza è la chiave per la loro serenità, non le note scritte da un ragazzetto come me. Sinceramente Noisekraft non esisterà per sempre e prima poi cesserà di esistere. Non si può trascinare un cadavere in giro per troppo tempo ed aspettarsi che non inizi a puzzare. Non riesco proprio a vedermi fra 40 anni su un palco.

Ti ringrazio. Chiudi pure con un messaggio a chi ti segue e ai lettori di METALHEAD.IT

Siate sempre voi stessi e non lasciate che le idee degli altri inquinino la vostra ricerca personale. Esprimetevi come meglio credete: suonate, scrivete, dipingete, ma non restate fermi mentre gli altri disegnano il vostro paesaggio.

(Luca Zakk)