Band rock con sette elementi (c’è anche il sax e la tromba) influenzata da quello di alcune leggende e comunque capace di scolpire un proprio stile. I Sin’ Sound sono di Travagliato (BS) e stanno intensificando i propri sforzi per farsi notare dal pubblico. Dopo alcune pubblicazioni di piccola portata e diverse attività live, escono con il debut album intitolato “From the Underground” pubblicato per Atomic Stuff Records. L’album è una coesistenza di rock classico e seventies e il desiderio di sperimentare che sopravvive nelle idee collettive e nelle personalità dei sette musicisti. Enrico Rago (testi e chitarra ritmica) ci parla della band.

Che età hanno i vostri pezzi? Quando li avete concepiti?
Abbiamo scartato quasi tutto ciò che abbiamo realizzato dal 2006 (nascita dei Sin’ Sound) al 2008. i pezzi finiti su questo album sono quindi successivi a quel periodo. Due pezzi (con testi di Angela Kinczly) sono invece risalenti al periodo precedente ai Sin’ Sound (la band al tempo si chiamava Synaesthetic Sound) e sono stati rielaborati successivamente dalla nuova formazione

Sbaglio o avete imposto all’album un songwriting che fosse abbastanza vario, dinamico e che provasse a fare più cose?
Non l’abbiamo imposto noi. E’ venuto da sé. O meglio forse l’hanno imposto le varie influenze che fanno parte del nostro background d’ascolto. Amiamo più generi musicali. Gli stessi che poi si sono fusi nelle nostre dinamiche compositive.

A volte ho chiesto e sento chiedere ai musicisti, se il risultato finale dell’album li ha soddisfatti. Visti i mezzi a disposizione e l’impegno avuto tu e la band ritenete di aver svolto un buon lavoro o comunque soddisfacente? Siete arrivati a ciò che volevate ottenere?
Non si arriva mai a ciò che si vuole ottenere perché ciò che si vuole ottenere varia continuamente. Ma consci di questo possiamo dire di essere molto soddisfatti del lavoro che abbiamo prodotto.

Siete apertamente ispirati dal rock anni ’70 e voi stessi ne avete citato qualche esempio. C’è qualcosa di quelle band del quale oggi è praticamente impossibile riproporre? Vi siete accorti di un aspetto non adatto o per nulla riproducibile oggi?
Non si può riproporre la voglia di sperimentare ma solo per una questione di periodi storici. Quello era il tempo di provare nuovi percorsi. Oggi chiunque componga in modi alternativi si trova comunque e sempre a fare i conti col passato.

Avete inciso in analogico e avete indicato anche alcuni attrezzi usati, un 24 tracce Studer, un registratore Otari MTR12 e altro ancora. Al di là del fascino e della resa sonora ti chiedo se lavorare con queste attrezzature è più facile o meno rispetto ad un processo completamente in digitale.
In realta’ chi lavora con questi attrezzi sono i tecnici. Ai Poddighe studio l’utilizzo di ogni strumento, atto a imprimere il suono, era totalmente fluido. la loro proposta dell’analogico ci ha attirato subito. Mentre il prossimo disco  sarà , per vari motivi, registrato in digitale. Vedremo se la cosa avrà ripercussioni sul nostro sound.

La scelta di questo equipaggiamento è legata anche a strumenti ed effettistica di annata?
La cosa meravigliosa e di annata era il registratore analogico a 24 piste sul quale giravano quelle voluminose bobine che hanno impresso le nostre note. Più che gli strumenti, o altri aggeggi, noi di vintage abbiamo il pensiero.

Ho letto che avete partecipato a diversi concorsi. Un’attività del genere quali benefici comporta?
Girare i locali (grandi o piccoli), calcare più palchi possibili (immensi o inesistenti), conoscere band (folli o insulse), addetti ai lavori (dal fonico al promoter), assorbire sound diversi (inebrianti o soporiferi), favorire la coesione del gruppo (viaggiando o litigando). A volte determinati riscontri danno un ulteriore input alla spinta nel proseguire convinti.

Come si crea la coesione e la stessa mentalità musicale per una band di sette elementi?
Coesione? Semplice. La nostra personale esperienza di matrice darwiniana ha prodotto una dittatura illuminata. In “The Underground” e’ Roberto (batterista)  a tracciare le linee guida dei pezzi. Vista la presenza di molta (?) e variegata massa cerebrale si e’ rivelato utile far confluire in una persona sola la delineatura strutturale e la scelta ultima delle dinamiche dei pezzi. Mentre al sottoscritto spetta la gestione del gruppo negli eventi che si svolgono, per così dire, in “superficie”. La mentalità comune deriva dagli stessi gusti musicali. l’ispirazione ha matrici comuni, il che rende tutto piu semplice.

Grazie per l’intervista e rinnovo i miei complimenti per questo debut album.Ti lascio salutare i lettori.
Grazie a voi per averci dato spazio e per i complimenti che spero servano a stimolare i lettori all’acquisto del nostro debut album. Grazie anche ad Atomic Stuff Records e a chi ci segue nei nostri live.

 

(Alberto Vitale)

Recensione