I The PotT nascono a Torino nel 2009, intorno al primo nucleo formato da Emanuele Bertasso e Simone Seminatore, orbitante in territori industrial/stoner. Nel 2010 arriva la firma con la Sinusite Records e si aggregano altri musicisti, ovvero Simone Roseo (basso), Fabio De Filippo (elettronica e cori) e Manuele Miceli (batteria). Il tutto produce l’esordio “To These in he Eyes of God”. L’album è fatto di elettronica, rock, allucinazione, sogni e di tanta materia indescrivibile.

A bruciapelo vi chiedo cosa ne pensate di tutti i nomi ai quali vi hanno accostato per descrivere il vostro sound. Anche io ho fatto qualcosa del genere, non lo nego.
Emanuele: Alcune band alle quali ci hanno accostato costituiscono davvero parte del nostro background artistico, con altre onestamente non sento di avere alcuna vicinanza. Comunque sia è più che apprezzabile che quello che si sente nel nostro disco sia interpretabile in maniera non univoca, quindi anche se non condivido alcuni nomi va benissimo così.
Simone: Se con “accostamento” intendiamo una semplice convenzione per chiarire brevemente il “sound” di un gruppo, la faccenda mi garba: essere accostati a colossi come Tool, A Perfect Circle, NIN come può non fare piacere? In realtà io mi accorgo più facilmente delle differenze tra noi e le suddette band piuttosto che delle somiglianze, ma è indubbio che alcuni richiami ci siano, certi voluti altri capitati e basta.
Manuele: Grazie, non posso dire altro. Essere paragonati a mostri sacri, wow!
Fabio: È un onore, sicuramente, quello di essere accostati a musicisti che ascoltiamo da molto e che molto hanno insegnato alla scena musicale mondiale. L’importante è che rimanga un modo per spiegare per sommi capi cosa proponiamo, anche se non saremo mai quelle band.

Vorrei capire qual è stato il motivo per cui da un duo siete diventata una vera band?
Emanuele: Volevamo rendere più polposo il nostro sound, sentivamo questa necessità. Per fortuna abbiamo trovato qualcuno in grado di capire dove volessimo andare a parare con il nostro progetto, ed eccoci qua.
Simone: In principio è stato il desiderio di poter proporre dal vivo la nostra musica senza avere troppi problemi e con la possibilità di conferire al nostro sound la potenza di cui necessitava. Poi da cosa nasce cosa e siamo partiti in quarta con il disco.
Manuele: Simone ed Emanuele mi avevano fatto sentire, verso giugno 2010, una loro demo che mi era piaciuta un casino. Così proposi loro di fare un disco, anche se avevo in testa una band. Gliene parlai e scoprii che anche loro avevano la stessa idea, così gli indicai Fabio e Simone, con i quali suono da diversi anni. Qualche mese dopo iniziammo la produzione del disco.

Scusate la domanda, ma cosa vuol dire The PotT? C’è una “t” in maiuscolo, quindi…cosa c’è dietro?
Emanuele: Lo chiedo io a te. Cosa ci sarà mai dietro? The PotT ha il significato che tu gli vuoi dare, non per forza deve essere quello a cui abbiamo pensato noi quando abbiamo scelto questo nome.
Simone: Circolano varie voci al riguardo ed è nostro desiderio che continuino a circolare, possibilmente sempre più fantasiose. Non riveleremo mai la verità credo. È uno degli accordi sacri su cui si basò la collaborazione originale tra me ed Emanuele.

Parliamo di voi nello specifico. Ho notato che i suoni sono omogenei, nel senso che l’amalgama tra l’elettronica e tutto quello che non lo è sembra perfetta.
Emanuele: Allora vuol dire che siamo riusciti ad unire efficacemente le due anime del progetto. Grazie.
Simone: Grazie, è un gran complimento. Sarà contento il nostro batterista e produttore, Manu. Il merito della buona riuscita della produzione artistica del disco va largamente a lui. Concordo con te, comunque.
Manuele: Grazie. Sai, abbiamo voluto mantenere molto questo binomio: da una parte, come detto prima, volevamo che si sentisse la presenza di una band, dall’altra volevamo assolutamente mantenere quell’approccio elettronico che differenziava il “duo PotT” degli inizi.
Fabio: Non c’è una sezione elettronica e una sezione rock a farsi la guerra. L’amalgama avviene perché tutto deve scorrere con eleganza, se possibile. Ecco perché nulla prevale su qualcos’altro.

Quanto tempo vi è servito per scrivere e incidere l’album? Inoltre per il genere che promuovete, pensate che lo studio amplifichi il vostro potenziale?
Simone: Sinceramente non ne ho idea… La scrittura dei pezzi è cominciata un paio d’anni fa, ma quando siamo passati da duo a quintetto abbiamo dovuto rivoluzionare tutto. Quindi se poniamo la nascita della formazione definitiva come punto di partenza della composizione del disco, direi che in tutto c’è voluto un annetto.
Emanuele: Lo studio è un’arma a doppio taglio: hai tutta la pulizia e la perfezione del mondo, ma in quanto a “botta” non c’è paragone. Dal vivo siamo decisamente più potenti e coinvolgenti, anche perché l’occhio vuole la sua parte e solo il live può permetterci di dare al nostro pubblico il 100%.
Manuele: La produzione del disco è durata circa 4 mesi, la realizzazione strumentale una settimana. Volevamo si sentisse l’approccio un po’ garage dell’opera, quindi non siamo stati a “vedere il pelo”. Credo che lo studio sia un ottimo mezzo per affinarsi avendo una buona produzione artistica, ma d’altro canto può assorbire buona parte di quella che è la pancia, la rabbia di una band. Il discorso è sempre lo stesso, purtroppo: se si ha budget, i tempi sono dilatati e si può lavorare meglio e di fino. Noi avevamo poco budget e abbiamo cercato di fare al meglio che potessimo!

Potreste ampliarmi il significato della cover e del layout di “To Those In The Eyes Of God”?
Simone: Ci vorrebbero ore temo… Mi soffermerò su un punto in particolare sul quale ho orgogliosamente insistito: la copertina del booklet reca il disegno di una massa di individui seduti nella posizione del loto. Ogni persona è collegata tramite dei tentacoli alla bestia mediatica con cui abbiamo voluto rappresentare certo il Dio religioso, ma anche e soprattutto l’insieme di spazzatura mediatica che ci ottenebra e devia il pensiero ogni giorno, privandoci di un approccio critico alla nostra esistenza (religione inclusa, appunto). Tra tutti i sottomessi, uno si leva e osservando con attenzione si nota che, mentre tutte le persone sedute hanno un terzo occhio aperto e gli occhi terreni chiusi, l’uomo in piedi ha gli occhi aperti e il terzo occhio chiuso. Il terzo occhio, generalmente simbolo dell’apertura di mente, del sesto senso, della possibilità di vedere oltre, diviene qui al contrario il marchio dell’obbedienza. Gli occhi terreni sono invece simbolo della capacità di guardare il mondo circostante e di criticarlo, viverlo, modificarlo. Per questo l’uomo in piedi ha il terzo occhio chiuso: egli rifiuta l’obbedienza al mostro mediatico e spalanca gli occhi terreni che gli permetteranno di fare esperienza della propria esistenza e non di vederla attraverso lo sguardo di qualcun altro. È abbastanza palese inoltre il richiamo alla nascita del super-uomo nietzschiano. Mi fermo qui per non prolungare il discorso eccessivamente, ma mi auguro di aver dato ai lettori un assaggio della complessità del nostro lavoro.

Siete una band con l’elettronica nella vostra musica quindi, come da copione, i vostri concerti saranno, uso un termine che io ritengo improprio, multimediali?
Emanuele: Durante i live siamo più ricchi che su disco… In qualsiasi modo tu possa vedere la cosa
Simone: Fabio si occupa proprio del controllo delle basi elettroniche, oltre a rinforzare il cantato di Manu con i cori. L’elettronica può fare la differenza.
Manuele: Abbiamo preparato il live sfruttando al massimo gli strumenti intesi nella loro accezione classica, l’elettronica interviene dove serve, a discrezione di Fabio. Vogliamo mantenere ben eretto il muro sonoro della band, l’elettronica serve a darci qualche sfumatura in più.

Suonerete dal vivo questo vostro debutto? Quando e dove?
Emanuele: Certamente. Stiamo preparando un po’ di sorpresine, comunicheremo tutto a tempo debito.
Simone: Siamo attualmente in cerca di occasioni ghiotte. Vi terremo informati comunque sulla nostra pagina facebook: http://www.facebook.com/The.PotT.music

Grazie per aver risposto a queste domande. Come di consueto lascio a voi la sua chiusura.
Emanuele: Figurati, grazie a te. E ora consigli per gli acquisti.
Simone: Grazie Alberto, grazie Metalhead, grazie soprattutto a te che hai letto e stai leggendo. Se hai trovato interessante il progetto ti invito caldamente a visitare la nostra pagina Facebook dove, oltre a diventare fan, potrai anche ascoltare e, se vorrai, comprare la nostra musica (il prezzo lo fai tu!). Ciao ciao!

Alberto Vitale

recensione: https://www.metalhead.it/?p=2141