Un album di debutto che mette bene in chiaro le proprie intenzioni (recensione qui) è stato l’occasione per tornare a fare una piacevole chiacchierata con il sempre disponibile Trevor, anche lui persona con le idee ben chiare nella vita come nella musica… anche perché nel caso suo le due cose coincidono!

MH: Ciao Trevor, bentornato dopo poco più di due anni nel nostro sito! Direi che ci sono state un po’ di novità dall’ultima volta che ci siamo sentiti. All’epoca era appena uscito l’ultimo dei Sadist, poi cos’è successo?

T: Intanto un saluto a tutta la redazione di Metalhead.it e grazie come sempre per la preziosa collaborazione. Si, due anni circa… era uscito da poco l’ultimo album dei Sadist, “Hyaena”. Sono successe molte cose riguardo al supporto dell’album stesso, abbiamo fatto un tour di oltre un mese nei paesi dell’est Europa e partecipato a diversi festival europei, tra questi Hellfest e Brutal Assault, un paio di date di supporto agli Slayer e altre date indipendenti… Considerando il momento di assoluta difficoltà per il live, possiamo ritenerci soddisfatti. Nel mentre ho iniziato a pensare a un mio progetto solista, coltivando l’idea di realizzare qualcosa che musicalmente fosse lontano dai Sadist.

MH: Devo confessarti che prima di ascoltare “Road To Nowhere” ho pensato, a torto, di stare per ascoltare l’ennesima prova solista di un cantante… Invece ho ricevuto un feedback completamente diverso, mi è sembrato di essere di fronte ad un gruppo al gran completo…

T: Trevor and the Wolves è il mio progetto solista, tuttavia la mia intenzione era quella di affiancarmi a musicisti veri ma al tempo stesso da grandi amici, mi fa piacere che tu abbia avvertito questa sensazione. Lo spirito dev’essere questo, suonare per passione, vivere l’atmosfera ‘band’ con gioia, il rock, il metal è questo… e ricordatevi non è per tutti, solo chi suona da anni tra quattro muri umidi può dire di avere il giusto atteggiamento!

MH: Questo progetto può essere visto come un esperimento isolato o di fatto siamo di fronte alla nascita di un nuovo gruppo?

T: Sono una persona seria e determinata, mettere in piedi un nuovo progetto comporta grandi sacrifici di ogni genere. In tutta onestà trovo che avrebbe poco senso fare tutto ciò per un solo album, la mia intenzione è quella di andare avanti nel corso degli anni con Trevor and the Wolves. Per il momento sono concentrato nel promuovere nel migliore dei modi “Road to Nowhere” ma una volta che le acque si saranno calmate ci metteremo sotto con la stesura di nuovo materiale. Scrivere musica è la mia vita, oggi non è certo un buon periodo per la musica ma poco importa… la passione è sempre forte.

MH: Tra l’altro io, abituato ad ascoltare il tuo gruppo principale, mi sono stupito della versatilità della tua voce. Caspita era come se Lemmy si fosse approcciato al death, ma nel tuo caso a ruoli invertiti, ossia dal death al rock più puro. Grandioso!

T: Intanto grazie delle belle parole di stima. Con Trevor and the Wolves ho dovuto vestire i panni del “bravo bambino” o quasi (N.d.C.): il sound è assolutamente differente, qui non si tratta di death metal tecnico, i riffs sono diretti, molto heavy. Avevo bisogno di tirare fuori una voce diversa che potesse accostarsi senza forzature alla musica, certo per chi mi conosce da vecchia data si potrebbe rimanere spiazzati, ma è pur vero che le radici di tutti noi che suoniamo metal, anche metal estremo, sono frutto dell’hard rock e di band quali appunto AC/DC, Motörhead, Saxon…

MH: Mi ha stupito il tuo amore spassionato per il buon vecchio rock ‘n’ roll… o almeno questo traspare a mio avviso dall’ascolto. Hai fatto con questo lavoro un dovuto tributo agli dei del rock o è sempre stata una tua passione? Te lo chiedo perché ritengo che death e rock siano due pianeti distanti. Sbaglio?

T: Sicuramente death metal e rock sono distanti. Il death e tutti gli altri sottogeneri sono derivanti dal rock; la musica, le tematiche affrontate hanno di sicuro cambiato volto anche se bisogna sempre tener conto dei precursori. Quanto alla mia storia, ho vissuto con tutta probabilità gli anni migliori dell’hard ’n’ heavy, gli eightiees, i miei coscritti possono confermarlo. Le band già nominate insieme a Deep Purple, Scorpions, Judas Priest, Iron Maiden e molte altre erano i portabandiera della nostra musica; tuttavia la mia voglia di vivere forti emozioni mi portava ad ascoltare musica sempre più “cattiva”, così è stato per il thrash, poi per il death metal e ancora per il brutal death. “Road to Nowhere” non è un omaggio verso niente e nessuno, è solamente frutto della curiosità di fare qualcosa di alternativo a quello che già fai, non credo avrebbe avuto senso mettere in piedi il mio progetto solista e fare cose in stile Sadist.

MH: Domandona che sorge spontanea: il progetto resterà solo in studio o ci saranno date live?

T: Sono una persona semplice e umile ma al tempo stesso determinata, mi piace andare fino in fondo; per questo motivo non avrei potuto pensare solo a uno studio project. Come dico sempre l’aspetto più divertente e appagante per un musicista è suonare dal vivo. A me serviva avere le garanzie sulla data d’uscita da parte di label (Nadir Music) e distributore italiano (Audioglobe); una volta individuata la release date insieme al mio agente abbiamo iniziato a lavorare sul booking. A oggi sono stati confermati i primi dieci concerti e altri sono in fase di definizione, faremo un bel giro: Viareggio, Milano, Firenze, Padova, Genova, Savona, Alessandria, Mantova, Pisa, Torino, anche se per ovvi motivi la data che attendo con più emozione e trasporto è la presentazione dell’album al “Cinema Comunale” nella mia Rossiglione.

MH: E a proposito di studio, in qualche modo hai giocato in casa per quanto concerne la produzione dell’album. Come vanno le cose in casa Nadir Music?

T: Non possiamo lamentarci, stiamo lavorando sul master di Pino Scotto e a breve usciremo con il suo album, abbiamo già altri lavori fissati da tempo e altri in arrivo. Nonostante il periodo duro, la determinazione paga; non bisogna mai mollare il colpo, anzi credo che oggi sei tenuto a lavorare molto più di prima per ottenere gli stessi risultati; lavorare sodo non mi ha mai spaventato, specie nella musica. Quanto alla produzione del mio album, la scelta di Tommy Talamanca e dei Nadir Studios è stata molto naturale. Tommy è come un fratello, suoniamo insieme da circa 25 anni, conosco la sua professionalità e il suo amore verso il lavoro, è una persona unica, di grande spessore morale. Quanto al sound non ho mai avuto dubbi, ancora una volta è riuscito a stupirmi, la produzione è molto potente, nonostante sia nitida e acustica.

MH: Pensi ci sia speranza per i piccoli gruppi emergenti per distinguersi nell’ambiente? Non molto distante dalle tue zone c’è Sanremo a giorni. Siamo lontani anni luce da quello che si vede lì e quella che è la realtà metal. Non parlo solo di genere musicale, quello è ovvio. Parlo proprio dell’ambiente in sé. A me il metal è sempre piaciuto perché ha sempre costituito un’opportunità unica, soprattutto in sede live, di annullare la distanza tra chi fa musica e chi la ascolta. Cosa ne pensi?

T: Fortunatamente abito sui monti dell’Appenino Ligure, distante e non poco da Sanremo. Quello è il festival della musica italiana, l’evento mainstream per antonomasia nel nostro paese. Possiamo farci poco, la musica in Italia è il finto pop, le canzonette. Il metal da noi sarà sempre underground, sarà sempre ore di guida al furgone, prove fino a tarda notte all’interno di salette puzzolenti e umide, sarà spirito di sacrificio, investimenti economici fatti per la sola passione. Il metal è sinonimo di umiltà, intelligenza, fede, devozione e la cosa più “divertente” è che molti se non tutti gli addetti ai lavori main non ne conoscono nemmeno l’esistenza. Pazzesco!

MH: Nella tua intervista precedente su Metalhead.it (QUI) hai detto, cito testualmente: “L’underground e il sottobosco sono molto attivi, ma di questo a nessuno importa…”. Mi sa che non è cambiato molto, vero?

T: Nel nostro paese abbiamo ottime realtà giovani e meno giovani, anche se le band fanno sempre più fatica; esterofilia e ignoranza sono sempre latenti. Passano gli anni ma la situazione è la stessa, l’importante è non darci peso, essere consci di quello che succede all’esterno. Una cosa dovremmo pensare di migliorare, ossia cercare di fare più gruppo; essere disuniti, vivere d’invidia e gelosia porta poco lontano, è proprio perché siamo snobbati dal resto del mondo musicale che sarebbe opportuno unire le forze tra di noi… storia vecchia ma che purtroppo si ripete.

MH: Seguendoti anche tramite facebook non ho potuto fare a meno di constatare l’anima ‘casalinga’ con cui vivi il rapporto con la musica. Mi spiego meglio, io ti immagino come uno che gira per i pub della tua zona, locali dove mettono su buona musica e sederti a chiacchierare con vecchi e nuovi amici. Ormai queste scene sono sempre più rare. Mi sto rendendo conto che i metallari son diventati sempre più attaccati ai social e di conseguenza sempre meno presenti nell’ambiente reale. Mi sbaglio?

T: Hai fatto centro! Vivere per me rappresenta uscire con gli amici, mettere le gambe sotto il tavolo, mangiare, bere e chiacchierare, questa è vita! Non sono mai stato troppo casalingo anzi, soffro gli spazi chiusi, amo il bosco, la natura, l’avventura, le strade senza meta. I metallari di oggi fanno parte della generazione odierna, il tempo non si ferma per nessuno, specie se non si vuole. Personalmente sono attento ai social network, lo devo essere per forza di cose; il mio ruolo all’interno di Nadir Music S.R.L. è prendermi cura di tutto quello che è: promozione, ufficio stampa, direzione artistica, indi per cui devo utilizzare certe piattaforme, anche se credo sarebbe meglio chiamare i social “associal”, relazionarsi con il prossimo vuol dire mettere il naso fuori di casa e non le mani sulla tastiera.

MH: Tra l’altro, tecnologia e metal non sempre vanno d’accordo. Te lo dico, odio gli mp3 e amo i vinili se non addirittura la musicassette. Tu ascolti ancora la scena metal contemporanea? Inoltre, ti consideri un collezionista di cd e vinili?

T: Il metal è un genere da veri amatori, il “feticcio fisico” tiene ancora rispetto ad altri generi anche se a volte si perde di vista il fatto che i più giovani non hanno potuto confrontarsi e scegliere, per loro che vivono giornalmente con mp3, cuffiette e frenesia. Spetta a noi istruire le nuove leve e cercare di portarle dalla nostra, ho vissuto gli anni delle musicassette, dei vinili e poi dei CD, inutile dire che per me comprare un disco significa avere qualcosa che si può toccare e non un file digitale. Sulla scena odierna che dire, oggi ci sono ottime band, la qualità si è alzata notevolmente, il male generazionale è la saturazione e ‘l’over offerta’, è davvero difficile stare dietro a tutte le uscite. Collezionista… ho molti vinili, musicassette e CD che custodisco gelosamente nella mia stanza degli orrori!

MH: Trevor, come sempre grazie della disponibilità e della chiacchierata. Naturalmente, da rito hai carta bianca per chiudere in bellezza l’intervista…

T: Grazie a te Enrico e a tutta la redazione di Metalhead.it, il vostro supporto è essenziale. Un abbraccio a tutti i lettori, l’appuntamento è on stage e come sempre… In alto il nostro saluto!

(Enrico Burzum Pauletto)