Per coloro che, come me, appartengono alla generazione nata fra gli ultimi ’70 e i primi ’80, non si può prescindere dai Rhapsody. Li si può amare o odiare, questo è certo: ma non si può fare finta che “Legendary Tales” (1997) e “Symphony of enchanted Lands” (1998) non abbiano creato un nuovo modo di fare metal (o almeno, se proprio siete nemici della band, power metal). Quei due storici dischi, più ancora di quelli che seguirono, furono percepiti e accolti davvero come qualcosa di nuovo in un panorama che, in quegli anni, permetteva ancora delle novità: e fra i tanti appassionati che impazzirono per quella musica, ricordo con piacere degli amici nerd i quali, quasi in lacrime, mi dissero che avevano finalmente trovato la musica dei loro sogni, per accompagnare le loro letture fantasy o le partite di Dungeons & Dragons. E stiamo parlando di un’epoca in cui non c’erano ancora stati Peter Jackson e George R. Martin, i videogiochi non erano certo al livello di oggi e i fumetti fantasy si contavano sulla dite di una mano… i Rhapsody furono davvero il Graal del metal per l’ultima generazione nata senza un cellulare nella culla, e l’ultima per cui immaginare mondi lontani era più difficile di adesso, mancando quel ricchissimo supporto audio e video che c’è oggi; e senza vergogna dico che anche io, venti o ventuno anni fa, ho seguito con passione la ‘Emerald Sword Saga’, che nella sua fresca ingenuità è stata per me, forse, ciò che i libri di Michael Moorcock sono stati per chi ha dieci anni di più.

Alla notizia del ‘Farewell Tour’ (rimando tutte le informazioni al riguardo all’intervista con Luca Turilli), in cui sarebbero stati suonati esclusivamente brani dai primi quattro album più il mini “Rain of a thousand Flames”, ho quindi deciso che dovevo esserci: un lunedì lavorativo condito da un temporale coi fiocchi non è certo il momento migliore per raggiungere l’“Orion Club” di Ciampino, ma è dal ’98 che desidero ascoltare il brano “Symphony of enchanted Lands” dal vivo, e i ben informati mi dicono che è in scaletta. Raccolgo altri quarantenni che all’epoca c’erano (perdonate l’elitarismo… ma noi c’eravamo!) e ci aggiungiamo ai tanti, tantissimi presenti, che hanno sorpreso per numero e calore anche Fabio Lione.

Intervistando il loquacissimo guitarist perdo tutto il concerto degli Scarlet Aura: quando entro in sala ci sono già i Battle Beast, che presentano i brani del debut “Berserker”, che come potete vedere dalla recensione non ho amato in modo particolare. Che dire? Dal vivo pezzi come “Blood of a Lion” funzionano certamente meglio che su disco, complice anche il carisma di Yannis Papadopoulos, e quando su “Crazy, mad, insane” i nostri indossano degli occhialini a led su cui passa scritto il titolo del brano… beh, una risata l’hanno strappata anche a me. Un buon concerto energico, per brani molto facili: è il miglior complimento che riesco a fare ai finlandesi!

Con i Rhapsody è tutta un’altra storia. Dopo l’intro molto manowariana è un susseguirsi di classici imperdibili, e se proprio devo trovare il pelo nell’uovo ho soltanto da lamentare l’assenza di “Eternal Glory”. La coppia d’oro Lione-Turilli funziona alla perfezione, con il secondo (come sempre) scatenato a suonare in ogni angolo del palco, e il primo sempre pronto a raccontare aneddoti (simpatico il siparietto sull’incontro con Andrea Bocelli, preludio a una inattesa ma intensa cover di “Con te partirò”). Il feeling con il pubblico (molti i giovanissimi, cosa che inizialmente mi ha stupito) è immediato, e tutti sembrano conoscere tutto a memoria: in alcuni passaggi del “Lamento eroico” Fabio passa completamente ai presenti il compito di cantare, e l’entusiasmo che accompagna le esibizioni di “Dawn of Victory”, “Holy Thunderforce” o “Land of Immortals” è trascinante. Secondo la formula del ‘solo su base musicale’, anche Alex Holzwarth e Patrice Guers hanno modo di ritagliarsi i loro momenti di gloria; il tripudio per tutti è naturalmente la “Emerald Sword” conclusiva… anche se io, a titolo personale, devo citare un altro momento.

Come dicevo in apertura, erano venti anni più o meno esatti (una vita!) che aspettavo “Symphony of enchanted Lands”. I Rhapsody tagliano soltanto “Tharos last Flight” e poi la eseguono tutta, perfettamente a tempo con gli indispensabili nastri registrati: e come la prima volta che l’ho sentita, mi sono emozionato come un adolescente sia quando Alex Holzwarth pesta sui tamburi nel primo passaggio strumentale, sia nel finale, con l’ormai celebre attestazione di vittoria del ‘Warrior of Ice’:

Go, mighty Warrior!

The Kings of enchanted Lands are awaiting your Victory…

Ride on the Wings of Wisdom!

Ride beyond the Middle-Valleys

To defeat the Master of Chaos

In the Name of cosmic Justice…

Peace and Love, forever!

…che è, assieme alla pomposa outro, il manifesto di un genere e di una stagione che continuo a trovare irripetibili. Oggi si possono certamente ancora scrivere concept fantasy… ma quell’epicità, quel senso di magniloquenza sonora, quella capacità di far sognare che c’era nei primi dischi dei Rhapsody io, onestamente, non l’ho più trovata da nessuna parte. Mi sono fatto vecchio, e amo di più le cose sentite in gioventù? O forse le ‘novità’ dei tardi anni ’90 sono oggi irripetibili? Non saprei dire, forse entrambe le cose…

(Renato de Filippis)

 

Setlist Rhapsody

  1. In Tenebris
  2. Dawn of Victory
  3. Wisdom of the Kings
  4. The Village of Dwarves
  5. Power of the Dragonflame
  6. Beyond the Gates of Infinity
  7. Knightrider of Doom
  8. Wings of Destiny
  9. Riding the Winds of Eternity
  10. Symphony of enchanted Lands
  11. Drum Solo
  12. Land of Immortals
  13. The Wizard’s last Rhymes
  14. Bass Solo
  15. Con te partirò
  16. Holy Thunderforce
  17. Rain of a thousand Flames
  18. Lamento eroico
  19. Emerald Sword