I miei ascolti in ambito metal sono vasti: spazio dalle cose più commerciali alle più estreme, saltello tra hard rock e black metal, viaggio dal modern metal fino all’industrial, passando per metal classico, sinfonico, epico, psichedelico, stoner, doom… spingendomi fino a tendenze synth e digitali.

Quando vado ai concerti, ormai amo decodificare le tendenze, visto che ormai ci sono degli standard, dei macro gruppi fatti di stili e generi, raggruppamenti stilistici che poi sono rappresentati dal pubblico presente agli spettacoli… cosa che si nota dal look, dall’abbigliamento, dalla magliettea indossata, dalla presenza a certe tipologie di concerti piuttosto che altre. Inoltre, frequentando concerti presso una determinata e costante selezionata lista di venue, diventa quasi ovvio vederci più o meno le stesse facce in occasione dello spettacolo appartenenti al determinato gruppo o macro genere.

In questa mia deviazione mentale basata sull’osservazione, noto che poi ci sono cose che non seguono le regole, quelle che amo definire anomalie le quali per definizione esaltano e danno un nuovo sapore ad un concerto, ad una serata, ad un evento tra i tanti in calendario.

La serata dei Soen al Revolver Club è stata una di queste anomalie: tra il pubblico nessuno dei soliti noti, nessuno di quelli che trovo ad ogni concerto di bands come Belphegor o Taake, nessuno di quelli che si vedono ai concerti hard rock e tanto meno quelli fedeli ad ogni manifestazione di gloria, sia essa derivante dal power metal più classico o a qualsivoglia forma di adorazione musicale delle divinità nordiche.

Vedo una maggioranza di gente a me nuova. Facce nuove mescolate con facce meno sconosciute, ma sostanzialmente un pubblico non solo numeroso ma anche molto diverso da quello (o quelli) che frequentano i concerti ai quali vengo solitamente inviato.

Certo, posso capire che ad eventi di bands come i Kraftwerk o i Leprous il pubblico possa essere sostanzialmente diverso dal solito pubblico metal, ma i Soen, dopotutto, mica fanno pop… nemmeno dance o elettronica! Saranno progressive, sicuramente contorti più che mai, ma in quella musica il metal esplode tuonante, scandito dalla batteria del mitico Martin Lopez, un signore che ha picchiato duro per Amon Amarth e pure per Opeth!

Con una fan base così variegata e non selettiva, ecco che il tour europeo dei Soen si è rivelato trasversale, mantenendosi legato al metal ma anche no, tanto che nemmeno le band di spalla erano facilmente classificabili!

Foto: Monica Furiani Photography

In apertura i finlandesi Ocean Hoarse i quali appartengono al metal, certo, ma amano saltellare tra impatto groove e pulizia heavy! In giro da pochi anni, con un solo disco in saccoccia, i quattro finnici non temono la prova del palcoscenico, si scatenano, si lasciano andare ed è impossibile resistere a quei brani che prima ti coccolano, ti coinvolgono, ti ipnotizzano… prima di incazzarsi furiosamente ed iniziare a prenderti a pugni in faccia.

Foto: Monica Furiani Photography

Lizzard sono un trio francese il quale si rivela essere una sorpresa favolosa! Lontani da ogni schema strettamente metal, si lasciano andare ad un prog contorto, fantasioso, personale, originale, irregolare, maledettamente coinvolgente. I loro brani sono irresistibili, il front man ha una voce tanto brillante quanto tagliente… anche se non la usa in tutti i brani, visto che l’imponente repertorio comprende lunghi pezzi strumentali. Una band che suona divertendosi, un divertimento evidente che viene trasmesso ad un pubblico che non ha potuto resistere allo show di questo supporter che evidenza la trasversalità stilistica di questo impetuoso tour dei Soen.

Foto: Monica Furiani Photography

Ed eccoli i Soen, più affascinanti che mai, con quella line up variegata composta da un vocalist con una immagine dark wave, un chitarrista che sembra uscito da una band hair metal, un altro che sembra essere scappato da qualche progetto black metal nordico… fino al nuovo e giovane bassista e al leggendario Martin dietro le pelli, un musicista la cui vasta esperienza stilistica si percepisce costantemente nella proposta dei Soen. Una di quelle band che riesce dal vivo a superare la maestosità degli album in studio, ultimo dei quali il favoloso “Imperial” (recensione qui) uscito un anno e mezzo fa.

E i quattordici brani che la band ha proposto non hanno deluso le aspettative, sempre ricchi di potenza ed oscura malinconia, brani che hanno esaltato il pubblico e hanno confermato che la musica dei Soen va oltre il genere, diventando essa stessa -forse- un genere a sé stante.

(Luca Zakk)