(AOP Records) Quarto favoloso album dei post depressive blacksters Austriaci, quel duo che dal 2011 ha messo insieme quatto album poderosi, tecnici, profondi ed incisivi (recensioni degli ultimi due qui e qui). Sulla carta un duo, ma le cose si stanno evolvendo visto e considerato che con gli anni non si sono mai risparmiati dalla presenza live (con vari guest) e che in questo nuovo lavoro -finalmente- hanno chiamato un vero batterista… E non uno a caso, visto che si tratta di Kerim “Krimh” Lechner dei Septicflesh (ex Behemoth live session!). A questo punto della loro carriera non ha più senso parlare di similitudini con altri generi, altre bands o altri filoni, visto e considerato che il sound degli Harakiri ormai è decisamente identificativo e personale. Lo stile infatti, già consolidatosi con il precedente “III: Trauma”, viene decisamente confermato in questo nuovo lavoro: melodie oscure ma cristalline, riffing feroce, arrangiamenti veramente provocanti e progressioni delle canzoni avvincenti e maledettamente efficaci, specie in contrasto con il growl volutamente monotono e depresso del vocalist. Registrazione sublime, con ogni strumento in perfetta posizione, specialmente le linee di basso, sempre incisive e pulsanti. Ancora una volta il front man J.J. è autore di testi stupefacenti, ricercati, complessi e sempre annegati in una velo di tenebre impenetrabili e malinconiche. Intensa la opener “Fire, Walk With Me”, favolosa e travolgente “The Graves We’ve Dug”, brano con un testo che trasuda un disperato e tragico romanticismo, tematica poi ripresa dalla successiva e superlativa “You Are the Scars”. Un potere espressivo emozionale che finora percepivo solo con bands quali i Panopticon, emerge dalla favolosa “Heroin Waltz”. “Tomb Omnia” offre aggressività, “Stillborn” regala melodia e scorci di NWOBHM dentro contesti che tipicamente virano verso il black. Interessante la cover (presente solo su vinile), ovvero “Manifesto” dei dark rockers americani Graveyard Lovers, un versione molto più incisiva e drammatica dell’originale, anche grazie alla voce femminile di una validissima Silvi Bogojevic. Album da ascoltare con devozione. Immergendosi in suoni, idee e soprattutto testi. Nessuna canzone banale, nessun filler, niente qui è creato o concepito per suonare semplicemente tosto o fico. Qui c’è oltre un’ora di musica ispirata, parole profonde, sentimenti trasformati in arte sublime.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10