(Fastball Music) L’album “Deus Ex Machina” è un esempio di come rendere il metal e il rock fruibili, anche attraverso connotati pop. Mettendo insieme sia qualcosa di vecchio (Journey, Blue Öyster Cult e Marillion, per esempio) con aspetti contemporanei. Il tutto al primo colpo, infatti è questo il primo albumper gli Exess. Nove canzoni per gli svizzeri, tutte costruite e complete e in esse ecco la voce di Céline Bart: vocalità intensa, tale da coprire un ampio spettro e a tratti con toni androgini più che femminili. Stéphane Froidevaux è il fabbricante di riff con la sei corde, che affronta ogni pezzo variando e manipolando le andature, le direzioni, creando un flusso al quale il basso di David Pauli e la batteria di Alan Montanari, offrono un tocco decisamente prog in più situazioni. Poche le canzoni ‘gioiose’, le atmosfere sono sentite, profonde, pur se cangianti, con durate temporali che si assestano tra i quattro e i cinque minuti e mezzo. All’interno poi c’è l’uso di una fase centrale e finale dove gli Exess sviluppano e ampliano la matrice prog. Questi gli aspetti migliori di “Deus Ex Machina”, sono comunque da rivedere le divagazioni, cioè proprio le parti strumentali allungate, eventualmente per rendere i pezzi più diretti. Ancora di più semmai. Dunque maggiore essenzialità in questi scenari comunque lodevoli. Tra essi anche la cover di “Sleeping Satellite” di Tasmin Archer.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10