Eden Weint Im Grab - Geysterstunde I(Einheit Produktionen) Gli Eden weint im Grab (letteralmente, ‘Il paradiso piange nella sua tomba’) sono una delle istituzioni della scena dark/gothic tedesca, ma ovviamente, a causa del cantato in lingua madre, sono decisamente poco noti da noi. “Geysterstunde II” (il titolo storpia il termine ‘l’ora degli spiriti’, o qualcosa del genere) è il sesto album della band, e con il precedente capitolo costituisce una complessa storia gotica sulla quale i nostri hanno pubblicato anche un libro, disponibile con la limited edition di quest’ultima uscita. I fanatici del metallo più dark e teatrale troveranno effettivamente qui il proprio paradiso! La opener “Die Jenseitsflugmachine” (‘La macchina volante dell’aldilà’, che si pretende effettivamente costruita da un occultista negli anni ’20) si muove fra il gothic più burlesco e vaghi echi industriali, mentre “Mein geysterhaftes Grammophon” (‘Il mio grammofono spettrale’, sempre con la parola ‘Geist’ scritta con la y) sembra effettivamente un pezzo della belle époque opportunamente goticizzato. “Nachsterben” (‘Morire accanto’, ‘morire insieme’, altro neologismo) è animata da un violino quasi folk; “Tanz auf dem Quija-Brett” (‘Danza sulla tavola Quija’, quella che serve a evocare i demoni) è il trionfo del gotico più cinematografico, alla Danny Elfman, anche se alcune parti sono cantate in un growling che sa di doom. “Wesen aus dem Nichts” (‘L’essere dal nulla’) ha quei suoni ancora da inizio ‘900, simili, per capirci, a quelli di “Alabama Song” dei The Doors; “Der ewige Bergmann” (‘L’immortale uomo della montagna’) è più tosta, più metal, anche se mantiene elementi quasi farseschi, come i fraseggi di violino. “In der Lichtferne” (‘Lontano dalla luce’) incorpora anche elementi black; quasi inevitabilmente, in un disco così lungo (17 tracce per 70 minuti!) qualcosa è destinato a ripetersi, ma abbiamo ancora da menzionare il gothic spedito e accattivante di “Schattenwesen” (‘L’essenza delle ombre’), e i toni in qualche passaggio struggenti di “Die Sage von der weissen Frau” (‘La leggenda della dama bianca’). Certo, qualcuno potrebbe lamentare agli EWIG (a proposito, il monicker così abbreviato forma la parola ‘eterno’…) un eccesso di teatralità quasi cabarettistica, ma le regole del gioco in realtà sono ottimamente interpretate dalla band berlinese.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10