copDRAPSNATT(Nordvis Produktion) Immenso. Un album immenso. Certo, non è nuovo, non c’è un nuovo lavoro del duo svedese, ma “gli inni alla rovina” è un disco favoloso il quale ora, grazie alla Nordvis, riceve nuova vita, nuova visibilità, nuovo packaging, nuova booklet, una bonus track ed anche la versione vinile limitata a 250 copie. Si tratta del secondo disco (ne hanno finora pubblicati tre) ed è rappresentato da quasi un’ora di black poderoso, riflessivo, personale, sinfonico, depressivo, decadente, marziale, glorioso e pure folk. Si, il black dei Dråpsnatt è vasto, complesso… ad iniziare dalle molteplici apparizioni dell’elemento vocale, il quale vanta uno scream devastato ed identificativo, ma arriva al pulito, al corale, sempre in linea con l’aspetto ed il momento emozionale della canzone. Anche la musica è scolpita su molteplici dimensioni, che spaziano tra l’ambient ed il black selvaggio, passando per il sinfonico ed un’altra dozzina di concetti musicali, qui sempre presenti, sempre sfumati con altri, sempre proiettati verso la prossima dimensione, la prossima variante. Grandiosa la opener “En ensam sol går ner”: il singer sembra impazzire, mentre un riffing potente sostiene divagazioni della tastiera, questo fino a toccare ritmi velocissimi per poi tornare verso idee piene di effetto. Inquietante l’inizio di “Arvssynd”, che si sviluppa immediatamente su ritmi esasperati ed un singing estremo, per poi accostare lo stesso singing ad una impostazione della tastiera che sconvolge, destabilizza. Ottima la title track: oltre alla furia black emerge in maniera esplicita anche quel lato folk della band. Pazzesco vedere con quale facilità riescano a passare da una tematica all’altra, mantenendo l’integrità della canzone, offrendo momenti catchy e gloriosi, integrando veramente un vasto range di dettagli. “Mannen i min spegel” tocca ulteriori altri territori: da un singing corale molto ben fatto, supportato da riff e tastiere prettamente symphonic black, il pezzo evolve verso idee più progressive dove ogni strumento è esaltato ed anche nei momenti più estremi emergono idee diverse, dando quel sapore di sublime complessità anziché impostazione sinfonica di contorno ed ovvia. “Somna in” è un pezzo stupendo: il titolo (“addormentati”) ed il breve testo sono letali, struggenti… un invito al sonno dedicato ad una creatura innocente, vittima di violenza, appartenente ad un mondo crudele… una situazione devastante, che fa sanguinare, piangere l’anima… una situazione descritta musicalmente in forma sublime, con chitarre pulite, un pianoforte grandioso; una canzone meravigliosamente deprimente che si affaccia alla chitarra acustica posta in apertura di “Ve Er”, un’introduzione con un basso sensuale, una tastiera sconfinata fino all’improvviso cambiamento verso un black pieno di decadente trionfo, una condanna, una maledizione. Potentissima “Tonerna de klinga”, anche questa con varianti stupende, canti corali, teatralità, maestosità. Stupendo black sinfonico con “En besvuren plats”, una canzone con intermezzi sublimi, dove batteria, chitarra, basso e piano si inseguono, costruiscono e demoliscono teorie, disegni, concetti… fino al ritorno selvaggio del singer estremo. Un pezzo che cambia ambientazione spesso, che spinge verso molteplici ignote porte in maniera deliziosamente crudele. Ottima la conclusiva “Gästen”, pezzo maestoso che parte con un riff ipnotico ed ottimamente strutturato con chitarra dominante e pianoforte di supporto. In quel che mi sento di definire “stile Dråpsnatt” ci si avvia quasi subito verso atmosfera teatrale, un’atmosfera fredda e calda allo stesso tempo, voce femminile priva di vita, growl intenso privo di pietà, il tutto con un crescendo che riporta al riffing black metal ipnotico, crudele, mortale; il pezzo gioca con questi cambi, fino ad evolvere su una impostazione viking/folk accentuata da un singing corale veramente ben fatto, veramente intenso. Questa reissue presenta anche una bonus track, “Juvret”, un pezzo in perfetto stile black sinfonico, ma certamente più tirato, più estremo, più violento rispetto al resto del disco. C’è moltissimo in questo album. C’è molto da percepire, da sentire, da ascoltare. Uno di quei lavori che al primo ascolto semina i semi del male, i quali mettono le radici durante i successivi ascolti, fino al germoglio, fino allo sviluppo di una pianta malvagia che si avviluppa attorno all’ascoltatore, imprigionandolo, togliendo respiro, uccidendo. Un rituale che sulla versione in vinile diventa un puro, oscurissimo, immenso culto.

(Luca Zakk) Voto: 9/10