copthaw(Witching Hour Productions) Thaw: un mondo oscuro che diventa suono. Secondo album. Ciò che era sperimentale diventa stile, diventa marchio di fabbrica, diventa un efficace canale artistico con il quale questo gruppo polacco esprime decadenza allo stato puro. Già il precedente omonimo disco anticipava un trend personale e distintivo, dove la sperimentazione era dominante, il mix di generi, la follia, l’oscurità erano le caratteristiche principali. Ma questo nuovissimo “Earth Ground” affila le lame, rende più precisa la mira e da origine a quaranta minuti di sconvolgimento totale, il quale riesce anche ad emergere con momenti quasi catchy, prima di una ulteriore dose di deviazione dolorosa e spietata. Inquietante l’intro, “First Day” alla quale fa seguito “Afterkingdom”, un pezzo brutale, veloce con una costante aura nebbiosa, criptica, ma tecnica, precisa, incisiva. I passaggi con rallentamenti sono sempre carichi di energia ma piacevolmente dissonanti, quasi industriali. Capolavoro “Sun”: un pezzo travolgente, capace di catturare e sconvolgere, un pezzo che mai perde incisività nonostante l’importante lunghezza (oltre sette minuti). Ogni strumento risulta poderoso mentre dal lato vocale, growl e scream si alternano ad una voce disperata quasi corale assolutamente coinvolgente. La traccia si evolve verso teorie più melodiche, per poi tuffarsi in qualcosa che sta molto vicino ai territori del noise, confermando le libertà creative che i polacchi amano prendersi. “No Light” è più trionfale, più apocalittica, ed i suoi riff contengono deliziose divagazioni tecniche. La seconda metà del disco apre con “Second Day”, altro brano introduttivo, un banchetto noise pieno di pazzia e sconvolgimento. “Soil” è funerea: offre un black che rinuncia parzialmente alla velocità, per creare qualcosa di più pesante e mordente, qualcosa che comunque non lascia da parte tecnica ed influenze quasi spaziali. Anche “Winter Bone” ricerca più pesantezza che esasperazione tecnica, e il risultato è una traccia letale, una condanna a morte senza possibilità di appello. La conclusiva “Last Day” genera paura, sofferenza: sentimenti che vengono travolti con una dose di violenza mirata, portando con gusto tecnico l’album verso una quasi inaspettata conclusione. Notevole passo avanti per i Thaw: sono perfettamente al corrente delle loro capacità, sanno cosa sono in grado di fare, dove possono arrivare. E con freddo cinismo, con crudele precisione hanno messo in piedi un disco micidiale, complesso, tortuoso, ma con una più ampia gamma di chiavi di accesso per permettere all’ascoltatore di poter entrare con relativa facilità nel mondo inospitale che questo sound riesce a materializzare davanti agli occhi.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10