(Cyclone Empire) La sicurezza di un abbraccio, il calore che ne scaturisce allietando tutto ciò che ci circonda. All’improvviso, in una giornata piovosa – luce sottomessa all’ombra – l’abbraccio si trasforma in stretta violenta – sensazione di soffocamento – fine della speranza. Il calore svanisce, muta, si reincarna nell’alito fetido e freddo della disperazione, della decadenza. Umanità prigioniera di una demenza ancestrale, umanità che distrugge, annienta, consuma, esercito di locuste prive di senno. L’innocente sogno della rinascita. Desiderio di estirpazione del male fatto.  Vana ipocrita preghiera nel nome di un dio avido e virtuale. Il male prospera, come una metastasi universale, si espande ovunque, falsa illusione devastata, ciclicità dell’esistenza, saggezza conquistata ma defunta e prigioniera dell’oblio, per far posto ad una nuova demenza, senza speranza, fino all’annullamento assoluto. La sofferenza della schiavitù auto imposta dal genere umano è il tema ricorrente di questa opera dei romani Foreshadowing. Sei musicisti di altissimo livello che riescono a creare quasi un’ora di sensazioni mortali e decadenti, dipingendo come un pittore morente, l’ultima visione di una realtà insostenibile, intollerabile, condannata all’estinzione. La malinconia che scaturisce da queste sensazioni viene espressa in maniera eccellente nelle dieci tracce di questo concept album: la sessione ritmica è robusta, estremamente potente e ricca. Aleggia sempre uno spirito rappresentato dalla tastiera di Francesco, suonata in maniera sapiente ed intelligente. Le chitarre creano un’avvolgente ragnatela sonora, con inserti melodici che mi riportano alla memoria i maestosi Paradise Lost della prima metà degli anni ’90. Gothic reso ancora più oscuro da una ricca influenza doom, il tutto esaltato dalla voce di Marco, così calda, vellutata, sensuale, dolcemente mortale. Malinconia sapientemente costruita ed omogeneamente distribuita, dimostrando grande consapevolezza nel song writing e nella visione d’insieme dell’intera opera. Dalla metà del disco, dopo un’inizio assolutamente perfetto, dilaga un crescendo di alto livello: l’immensa “Aftermaths”, caratterizzata da un tema meraviglioso, un serpente peccaminoso che si insinua, che striscia tra le coscienze colpevoli del genere umano messo di fronte a danni compiuti ed irreversibili. Segue “Ground Zero”, melodica, triste, rassegnazione della nostra nullità di fronte alla vendetta della natura. “Reverie Is a Tyrant” marcia funebre inneggiante all’umana illusione del dominio del tempo, rintocchi di vita in dissolvenza. Continua “Colonies”, pezzo in costante crescendo, con una struttura ricca e molto ben pensata, che proietta verso le due tracce finali, “Noli Timere” e la tetra preghiera rappresentata da “Friends of Pain”. I Foreshadowing, dopo molta esperienza, dopo aver suonato con bands di alto livello come Katatonia e Tiamat, al loro terzo appuntamento col destino, hanno scolpito un capolavoro che detta nuove regole nella panoramica di questo genere.

(Luca Zakk) Voto: 8/10