(Nuclear Blast Records) Semplicemente intitolato “Lamb of God”, cinque anni dopo il pur buono “VII: Sturm und Drang” e dopo venti anni di carriera, i Lambs senza Chris Adler e il subentrato batterista Arturo “Art” Cruz, con questo nuovo album presentano finalmente il proprio songwriting attraverso una forma matura. La band statunitense è da sempre uno schema dove thrash, groove metal, djent e metalcore, sono i pilastri di quanto essa sappia fare. Una band dinamica, solida, in passato avvincente che col tempo ha visto poi accrescere la stima dei fans, come dimostra l’accresciuta fan base che ha fruttato vendite non trascurabili. Eppure un apporto concreto alla scena metal in fatto di idee, evoluzione, i Lamb Of God non l’hanno mai fornito. È una band che ha mostrato massicce derivazioni dai Pantera! Se Willie Adler e Mark Morton sono una coppia di chitarre allenata, tale da erigere in passato un muro sonoro, oggi però il loro lavoro determina un risultato meno irruento e in parte meno possente nell’impatto generale dei pezzi. Questo è un merito, perché è la conseguenza di una rifinitura generale delle canzoni più dinamica che in passato. Il groove è misurato e i suoni sono più netti del solito, per un taglio del sound che foraggia le preferenze solite della Nuclear Blast. Blythe – parte del marchio di fabbrica dei Lamb Of God che continua a cantare cronicamente allo stesso modo – e gli altri armonizzano i riff con i ritmi e il songwriting nel 2020 prende dunque quota. La spensierata e mastodontica attitudine della prima metà della carriera è stata sbollita già da qualche album, eppure oggi i Lamb Of God restano una band che come molte altre che fonde più stili del metal, per ottenere una massa sonora d’impatto. Questa nuova opera omonima presenta musicisti sensibilmente più ispirati in fatto di arrangiamento che in passato, forse meno istintivi, pur rispettando le proprie radici e quanto concepito per anni. I Lambs fanno ora qualcosa per sé stessi. I pezzi si orientano verso una media di quattro minuti di durata e presentano repentini cambi di riff e ritmi, senza poi strafare da parte di tutti. Un traguardo, non c’è dubbio. Alcuni pezzi ricordano i Testament di questi anni – il cui cantante Chuck Billy è ospite nell’album, quanto Jamey Jasta cantante degli Hatebreed – e questo è un segnale di crescita per i Lambs! C’è maturità in “Lamb of God” che innova la band stessa e interesserà i fans. Anzi, quattro singoli sono già stati presentati e ascoltati e un’idea di queste dieci canzoni un po’ tutti se la sono fatta…

(Alberto Vitale) Voto: 8/10