(Pure Steel/Adioglobe) Gli Sleepy Hollow sono una di quelle formazioni extra-culto per maniaci dell’us metal: un demo e un album all’alba del momento più buio della storia del metal (fra 1989 e 1991), poi venti anni di silenzio, poi indovinate chi arriva? Ma naturalmente la Pure Steel Records, che resuscita la band – che intanto si ritrova l’ex-Attacker Bob Mitchell dietro al microfono e, per la sola fase di registrazione, Mike LePond come bassista – e le offre la possibilità di pubblicare finalmente il secondo disco. Il risultato? Un po’ altalenante, tacendo del fatto che il sottoscritto è fra coloro che trovano il cantato di Mitchell assolutamente insopportabile. “Death of an Horseman” inizia con il piede giusto (siamo di fronte a un up-tempo aggressivo e incalzante), anche se le chitarre hanno un suono troppo ronzante. E sono ancora le chitarre, che hanno un mood incredibilmente moderno, ai confini con il nu metal, il punto debole di “Dark Passage”. In generale i primi quattro pezzi appaiono molto simili per costruzione e per riff. “Rear Window” ha qualcosa di motorheadiano; “Epic (The Legend retold)” è il centro del disco, dieci minuti che alternano parti lente dall’aura inquietante a cavalcate con la ritmica in evidenza. “Spiral Effect” è di una pesantezza doom che mette quasi tensione; la conclusiva “Midnight” non aggiunge nulla all’intera opera. Una mezza occasione fallita? Del buono c’è sicuramente, ma l’insieme appare condizionato da più di una falla.

(Renato de Filippis) Voto: 6,5/10