(Karisma Records) L’idea di questo mini è venuta al chitarrista degli Airbag, Bjørn Riis, proprio quando la label stava per pubblicare il suo ultimo album solista, “Everything to Everyone” (recensione qui). Il mini vuole essere teatrale, impattante, mettendo in evidenza l’ispirazione proveniente dai mitici Pink Floyd… tanto che Riis è riuscito a coinvolgere come guest vocalist anche Durga McBroom, una delle voci di supporto del gruppo britannico! Meno di mezzora, solo quattro brani, ma immensi, superlativi, uno più potente dell’altro. “Dark Shadows (Part 1)”, dove la band ispiratrice è subito magicamente presente, “A Voyage to the Sun” con la sua componente atmosferica spaziale che evolve a indole rock, i suggestivi panorami di “Summer Meadows” e la favolosa chitarra della conclusiva “Dark Shadows (Part 2)”. Un mini che fa sognare ad occhi aperti, proprio come sapevano fare i Pink Floyd… al quale questo intenso lavoro è dedicato.

Ma tutto questo è il mio punto di vista. Per il semplice fatto che seguo gli Airbag e Bjørn Riis, pertanto la recensione è stata automaticamente a me assegnata.

In redazione, tuttavia, c’è un collega che AMA i Pink Floyd. Pertanto, ho deciso di rubare ad Alberto mezz’ora di tempo, il necessario per fargli ascoltare questo mini, cosa che sicuramente gli avrebbe fatto piacere, distogliendolo dall’infinità di titoli che ognuno di noi deve recensire, quotidianamente.

Ed ecco le sue emozionanti parole:

Leggendo la cartella stampa, ho fatto partire la prima canzone. David Gilmour… totalmente, certamente Pink Floyd del 1994, l’ultimo vero album dei Floyd o di quello che ne restava. Poi entra la voce femminile e mi dico ‘ma questa è LEI!’… mentre la canzone scorre e leggendo arrivo al passo in cui si dice che alla voce c’è Durga McBroom, ex-corista dei Pink Floyd (tra gli altri). Bjørn Riis riprende lo stesso suono di chitarra di Gilmour, forse più corposo, e gli basta questo per evitare di essere una brutta copia dell’originale. Il titolo, poi, riprende una frase celebre di “Comfortably Numb”, ‘I caught a fleeting glimpse’. Prima traccia: stupenda. La seconda… mischia l’incipit e la ritmica di “Set the Controls for the Heart of the Sun” con i tipici giochi in slide e bending di Gilmour, ed una vaga ripresa di “One Of These Days” in fatto di chitarra appunto. La parte psichedelica è sempre “Set The Controls…” nella versione di “Live at Pompei”… ed infatti il titolo sembra una perifrasi del titolo dei Floyd. Il terzo brano è forse il più ‘intelligente’ del lotto: usa degli arpeggi acustici estratti da alcuni pezzi del periodo 1969-1971, da almeno tre o quattro album diversi. Beh, essendo musicista per lui sarà stato più semplice capire gli accordi più prossimi tra di loro anche se distribuiti in più canzoni. Il quarto pezzo è quello che mi piace di meno, tuttavia si rifà al periodo dei Pink Floyd di “Animals”, con la distorsione della chitarra più graffiante, proprio come in quell’album. Di fatto c’è anche la chitarra acustica che accompagna: l’andare di acustica ed elettrica insieme è tipica di quel capitolo dei Pink Floyd. Ed anche i caratteri del titolo dell’album in copertina si ispirino a qualcosa in tema Pink Floyd. Si: roba di ristampe del periodo di Barrett. Si: certo, mi piace!

Ed io, inchinandomi, non posso che aggiungere: è impossibile descrivere “A Fleeting Glimpse” in modo migliore!

(Luca Zakk e Alberto Vitale) Voto: 10/10