(Argonauta Records) Con questo secondo capitolo, si affermano con prepotenza i tedeschi High Fighter, i quali intensificano le emozioni ed il loro sound diventa più tagliente, aggressivo, lacerante. I connotati settantiani del precedente lavoro (recensione qui) e quella rotazione sonora orientata a doom e sludge, si evolvono, non scompaiono del tutto ma si modificano, creando un suono che si appesantisce: i tempi sono più tirati, anche se la melodia è sempre coinvolgente, mentre la voce di Mona riesce a raggiungere limiti più estremi, spaziando dal suo clean evocativo fino ad un growl ed uno scream degni di band appartenenti a generi più crudeli, death estremo e grind in primis. Ma non è un vero cambio di genere, in quanto c’è sempre questa improvvisa e piacevolmente destabilizzante dualità, confermata già dalla opener “Before I Disappear”, canzone che garantisce melodia, momenti lenti ed inquietanti, sferzate tra il thrash ed il death melodico, parentesi con una voce lacerante ma anche intensa e sensuale. Più oscura con idee sia melodiche che vicine al black “Shine Equal Dark”, anche se il trasandato felling dello sludge non si cela per nulla. Emotiva “Dead Gift”, un brano dove Mona continua a spaziare nell’ambito del suo ampio range vocale, mentre musicalmente è un continuo salto tra metal, doom e death. Tetra, drammatica e decadente “Another Cure”, doom rocambolesco con “Kozel”, caotica e schizoide “I Will Not”, molto ben riuscita “When We Suffer”, brano nel quale la vocalist regala condivide lo spazio con l’ospite Anton Lisovoj dei Downfall of Gaia, un vocalist con uno stile aggressivo, uno stile che Mona sa comunque eseguire anche lei alla perfezione. Pulsante ed epica “A Shrine”, forse il brano meno estremo dell’album, seppur molto minaccioso, prima della conclusiva title track, una traccia che prende il rock e lo porta a livelli meravigliosamente degenerati. Gli High Fighter vanno oltre. Non abbandonano le radici, ma le portano al prossimo livello, evolvendo tutto, dall’ispirazione di base allo stile compositivo, fino all’interpretazione affidata a strumenti e linee vocali. “Champain” è un album incazzato, che cresce ascolto dopo ascolto, trasmettendo la progressiva intensificazione di questa rabbia all’ascoltatore, il quale non può non percepire quell’agitazione nascosta nelle ire più primitive, represse, recondite e nascoste nel subconscio, quell’istintivo desiderio di sfogo, di rabbia di totale e violenta ribellione.

(Luca Zakk) Voto: 9/10