(Virgin/Universal Music) Ottavo album. Incredibile come la mitica band tedesca riesca a rifilare sempre la stessa musica, gli stessi riff, le stesse suggestive diavolerie synth, lo stesso cantato drammaticamente baritono di Lindemann… risultando comunque così maledettamente fresca, schifosamente catchy… tanto che anche questa volta il nuovo disco cattura, impressiona, coinvolge e -maledetto- ipnotizza… provoca… e suggestiona in modo tale che anche dopo un solo ascolto ti ritrovi a canticchiare quelle strofe in una lingua umanamente impossibile, senza aver idea di cosa cazzo stai dicendo… mentre quell’onnipresente beat ti tortura il cervello, possiede il tuo spirito, trivellando la tua dannatissima anima. Poi ci sono i singoli. Quelli che vi ossessionano grazie ai continui radio play; prendiamo “Zick Zack”: video immenso, ma canzone semplice, con un ritornello ovvio, un riff lineare… ma… MA! Questa è roba che ti entra in testa senza alcuna minima ipotesi di andarsene… roba dannatamente geniale! Eppure “Zeit” offre anche delle perle nascoste. Il metal di “OK”? La decadenza suggestiva di “Armee der Tristen”? La malinconia di “Schwarz” o l’impeto di “Giftig”? E che dire dell’apocalisse synth-decadente di “Angst”? O della beffarda ironia dei patriottici fiati di “Dicke Titten” (letteralmente ‘Tette Grosse’)? E la profondità della title track? O l’oscurità di “Lügen”? Maledetti geni. Fottuti manipolatori. Un album da evitare ad ogni costo, in quanto capace di provocare irreversibile dipendenza; ma -orbami- questi sono tutto consigli inutili, quasi dementi: da un po’ girano i singoli e, ne sono sicuro, siete già stati avvolti da quel piacevolissimo ed irreversibile stato di ipnosi.

(Luca Zakk) Voto: 9/10