copSEVENTHVEIL(Pure Steel Publishing) Quando uscì il loro primo EP, “Nasty Skin” io incolpai i Mötley Crüe, un po’ per l’ispirazione, un po’ per il nome (Seventh Veil è un locale di LA, ma il suggerimento venne direttamente da Nikki Sixx in persona). Poi iniziarono a fare sul serio. Ed arrivò il debutto, “White Trash Attitude”, un disco che per certe personali ragioni sento molto vicino. In quell’occasione ricordo notai una crescita artistica, una definizione della personalità, una progressione stilistica. Da allora hanno fatto tanta strada, molti concerti grossi, aprendo per nomi noti… mentre io me li ricordo ancora quando scaricavano gli strumenti dalle auto per suonare in un pub, davanti a quella poca gente più occupata a guardare il culo alle cameriere che a godere del sound di una band che propone la sua roba e non le solite pallose cover. Ed oggi? Sparo a palla questi tre quarti d’ora e non riconosco la band. Ci sono stati vari cambi di line up, ma il cuore è sempre quello, le menti malate sono le stesse. Ma io non li riconosco. Se all’inizio incolpai i Crüe e successivamente lodai una crescita artistica, ora cosa diavolo potrei mai dire? Beh, forse la opener, dopo il favoloso intro, è la risposta: “Devil in Your Soul”! Non so a quale fottuto diavolo abbiano venduto le anime (o forse sono loro i diavoli assetati di spiriti?), ma la band dietro a “Vox Animae” non c’entra nulla con quelli che facevano incolpare i Motley, quelli che miglioravano al debutto o quelli che portavano a braccia gli ampli dalla macchina a piccolo palco del pub. Qui c’è un livello artistico pazzesco, un miglioramento negli skill personali (singer compreso) ma, soprattutto, una dimensione unica, una band compatta, con il focus orientato nel creare pezzi fantastici, elaborati, complessi ma catchy e coinvolgenti! Trovo che una delle arti più difficili sia proprio suonare musica complessa in una forma che risulti fruibile e godibile anche senza impegno. In una registrazione pressoché perfetta, si sviluppano le dodici tracce: “Devil In Your Soul” è moderna, matura, grintosa, cattiva… e mi fa godere ogni volta che percepisco quella doppia cassa nel bellissimo ritornello. Grintosa “Living Dead”, furiosa e melodica. Un po’ di feeling classico su “Together Again” e “Broken Promises”, con un bel po’ di rockeggiante sporcizia nei riff travolgenti. Immensa la ballad “Dad”, con una evoluzione a power ballad irresistibile. Spietata e gloriosa “No Way Train”, una traccia dove ancora una volta viene esaltato un drumming che con la semplicità dell’hard rock non ha più nulla in comune. Emozionante l’unplugged di “Nothing Lasts Forever”, mentre la chiusura è affidata all’indole trionfale che emerge con “Sms”. Una album fantastico, godibile dal primo ascolto, esaltante per l’ascoltatore più attento ed esigente. Un hard rock moderno che si ridisegna, si ricompone, che si ispira ma che non copia, reinventandosi, riproponendosi con intelligenza, gusto, energia, mettendo in evidenza quattro musicisti – e quattro compositori- di altissimo livello.

(Luca Zakk) Voto: 9/10