(Nuclear Blast Records) Si ricorderà bene che l’uscita dell’omonimo album della band statunitense, nel 2017, perché ha ricevuto feedback non propriamente positivi, tranne in questa redazione, come scritto QUI). Uno dei motivi che ha portato a valutare positivamente quell’album, è stato la capacità della band di virare verso un sound meno statico, più dinamico. Qualcosa insomma che sgretolasse quell’eccessiva monoliticità che i Suicide Silence avevano mostrato forse fino all’esasperazione. Questa scelta si ripete in “Become The Hunter”, tanto che, scrivendolo in maniera semplicistica, la band tira fuori un triturato di Sepultura, Korn, Slipknot, death metal statunitense e thrash metal un po’ Pantera, a intermittenza e rendendo tutto imprevedibile. L’atmosfera inquietante dell’opener di “Meltdown” si dilata, apre l’album con grinta e forza, poi è “Two Steps” a siglare il primo esempio di un deathcore frammisto a nu metal e crossover che si segnala per atroce veracità e pesantezza. La band apre a diverse velocità, a marce forzate e spossanti e a ritmi che a volte segnano il passo, marcando una pesantezza solenne, omicida e disperata. “The Scythe”, “Skin Tight”, “Love Me To Death”, la coinvolgente title track sono alcuni momenti brillanti e al contempo di truce violenza. Concettualmente i Suicide Silence non presentano alcuna possibile novità per il genere suonato e anzi, le tante influenze disseminate nei pezzi sono subito rintracciabili, eppure a loro va riconosciuto la capacità di compattare il tutto e suonarlo in maniera coinvolgente per l’ascoltatore. Inoltre la band dimostra oggi una capacità tecnica e di arrangiamento probabilmente migliore che in passato.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10