(Dark Essence Records) Epico. Passionale. Subdolamente pregno di malvagità, ma anche ricco di sentimento, di energia e di immancabile tradizione, questo ottavo disco di Taake, l’entità personale dell’impegnatissimo Hoest! Nonostante l’ultimo “Kong Vinter” (recensione qui) risalga ormai a sei anni fa, bisogna dire che l’iconico vocalist è sempre impegnato sul palco con varie bands (solo all’ultimo Beyond the Gates in Norvegia si è esibito sia con i Taake che con i Gorgoroth, di questi ultimi ormai frontman stabile), pertanto è lecito chiedersi quando abbia avuto il tempo di comporre -prima di tutto- e poi anche registrare tutto da solo questo “Et Hav av Avstand”, un disco ricco di mistero, di divagazioni, imprevedibile e sicuramente molto creativo, con una interpretazione veramente incisiva del black metal che caratterizza questa band da sempre. “Denne forblaaste Ruin av en Bro” spazia senza limite: da idee che trasudano puro death metal fino a sentori di black atmosferico, passando per heavy metal classico, scatenando un senso di oscurità marziale, minacciosa, tuonante e meravigliosamente arrogante. Black vecchio stampo affiancato ad un arrangiamento provocante con “Utarmede Gruver”. Disperazione, l’inverno che avanza, la desolazione: queste sono le sensazioni che diffonde “Gid sprakk Vi”, mentre la conclusiva ed irresistibile “Et Uhyre av en Kniv” appare tanto essenziale quanto contorta, ricca di idee innovative intelligentemente imprigionate dentro un black metal tradizionale, inconfondibilmente norvegese. Un disco geniale: solo quattro brani ma quasi tre quarti d’ora di poesia dannata; un turbinio di malinconia mista a senso selvaggio, con tutto quello che serve per essere black metal vecchia scuola mentre spuntano costantemente innumerevoli dettagli così stravaganti da invadere con feroce prepotenza i territori di generi quali avant-garde e progressive!

(Luca Zakk) Voto: 9/10