(THP Music DA) Mi arriva tra le mani solo ora questo intenso album uscito ormai due anni fa. I The Halloween Project, al debutto con questa release, sono una heavy metal band proveniente da qualche sperduto paesetto rurale in Norvegia, un gruppo in qualche modo attiva fin dagli anni ’80 e capace di pubblicare il primo lavoro solo in questi tempi, dopo ben 35 anni di vita! La storia racconta che questi ragazzi furono un po’ spiazzati quando una ‘nuova band tedesca’ si fece avanti sulla scena mostrando quella zucca rituale, spazzando via la scena alla band nordica. Poi gli anni passarono, la line up subì mutamenti e negli anni 2000 il gruppo risorse rendendosi in qualche modo attivo come cover band… fino a qualche anno fa quando i ragazzi decisero di tornare a fare le cose sul serio, dando una forma definitiva a vecchi brani mai registrati in studio, oltre che dando vita a qualche nuovo pezzo. “Master Of It All” è una botta di dieci brani ricchi di rock, dannatamente metal un po’ classico, un po’ ottantiano, tra Judas Priest e Accept, tra rock pesante e heavy metal agli albori della diffusione mondiale. I The Halloween Project ormai non sono più ragazzini e con questo album liberano un’energia celata per troppi anni, lasciano scatenare quella forza imulsiva la quale dimostra talento, energia, piacere per riff pesanti ed un vocalist (Leif Knashaug, ex Neon Night) che, diamine, sa esattamente come riempire il suono! Metal iper classico con la opener “Get Out”, un pezzo nel quale ritmica, solista e vocalist dimostrano da subito che non sono qui per scherzare. Epica “Holy Water”, puro headbanging con la travolgente e rockeggiante “Feel Free”… pezzo che strizza l’occhio alla band tedesca, iniettando comunque una chitarra superlativa. Doomy, Sabbathiana, Acceptiana la pesante “Pleasure & Pain”, un pezzo irresistibile tanto pulsante quanto tetro. Si torna nei paraggi di un rock più vintage, con la scuola di Deep Purple e Led Zeppelin, sulla seducente “Fly Away”, mentre la title track è puro e maledetto heavy iper-classico. Struggente e toccante la ballad “Home”, tuonante ed irresistibile “Solid Ground”, prima del’heavy metal superlativo della conclusiva “Radio”. Trentacinque maledetti anni, una sorte bastarda ed una tenace allergia al mollare, al darsi per vinti. “Master Of It All” non porta nulla di nuovo, ovvio, ma rinfresca e riaccende in metallo sincero, antecedente alla miriade di suddivisioni, con rock e blues che echeggiano con impeto, ricordando a tutti da dove viene quel genere musicale professato da grandi nomi quali Black Sabbath, Iron Maiden o Motörhead!

(Luca Zakk) Voto: 8/10