(Human Detonator Records) Ancora? Ancora un altro album? Ma non sono stanchi di comporre sempre la stessa roba? Ormai non c’è nemmeno un’etichetta li vuole, tanto che dopo esser stati cacciati dalla Season of Mist hanno dovuto inventarsi questa fatiscente e decadente Human Detonator Records, label da loro (mal)gestita al 100%. Il nuovo disco comprende più di un brano che risulta essere tutt’altro che nuovo, piuttosto un remix o nuova edizione di uno precedente, evidenziando una marcata mancanza di creatività e pulsante fantasia! Ed ora che ci penso, forse l’intero disco, tutti gli otto brani qui presenti sono un nuovo pessimo miscuglio di roba già sentita, già prepotentemente imposta ai malaugurati ascoltatori, tutta gente che difficilmente ama farsi chiamare ‘fan’. L’ascolto tuttavia è piacevole: non male questa “The Demon Who makes Trophies of Men” (è più lungo il titolo del mio giudizio!), provocante la buona “Commanders Encircled with Foes” (altro titolo esagerato); esalta la nuova “Kindertodeslied MMXXIV”, ed essendo una nuova minestra di un brano datato, i seguaci di questa combriccola olandese potranno trovare una specie di sollievo, un po’ come quando delle band storiche propongono dal vivo materiale da un vecchio disco… solo per vendere qualche biglietto in più (e forse l’unica spiegazione per l’affluenza… dopotutto a chi importa il materiale del nuovo disco?). “The Nightmare Corpse-city of R’lyeh” è troppo synth, troppo death & doom, per quei pochi minuti di durata, mentre potrebbe essere decisamente peggio questa “Gogmagog – The Bryansk Forest Re-visited”, anche se debbo ammettere che in questi interminabili sette minuti abbondanti riesce ad attirare l’attenzione. La lenta ed ossessiva “Matador” non è chiaro sia stata intitolata “Matador” o “ MatadoRRRRR”, mentre “Three-Headed Death Machine” è sempre la stessa zuppa fatta da voci multiple, elettronica invasiva e riff pungenti, ribadendo l’essenza di un’altra self-cover; “I Spew Thee out of my Mouth MMXXIII” è sempre la solita canzone, vista e rivista per confermare quella presunta totale mancanza di creatività, la quale è sicuramente dovuta all’età media dei componenti della band, oltre che dalla noia che orma domina questo obsoleto progetto di poco fantasioso death metal. Una vergogna per i promoter, una tristezza per chi organizza loro dei concerti (io stesso li vidi suonare davanti un pubblico di sole venti persone, addetti e tecnici compresi!); un totale buco finanziario per l’etichetta che li ha scaricati, etichetta che probabilmente sta ancora pagando il mutuo derivato dalla voragine finanziaria che la band olandese è riuscita generare. Se guardiamo la scena, tutti più o meno vanno verso la fine. Almeno i Metallica si sono sciolti dopo il black album, altre numerose band sono al 30° tour di addio…, ma sempre verso l’addio stanno marciando; altre sono in hiatus a tempo indeterminato (quindi non esistono più)… insomma tutti puntano a scrivere, prima o poi, la parola ‘fine‘, e pure i The Monolith Deathcult dovrebbero giungere all’ultima pagina di questo logorroico libro di fiabe scritte in modo scadente e molto poco chiaro. Ed invece no, maledizione, loro continuano, un po’ come gli AC/DC: imperversano, insistono, non mollano! Ma è possibile che nessuno riesca a dire loro che ci hanno stancato in maniera esagerata? Riascoltiamo questo disco, va, aiutatemi con qualche altro stream (con volume a zero): diamo a questi poveracci l’impressione di aver fatto qualcosa di buono, forse poi la smetteranno per davvero!

(Luca Zakk) Voto: -10/10