(Scarlet Records) Se il debut “In The Land Of Vandor” (recensione qui) era ultra-ortodosso nella sua fedeltà al power delle origini, per il loro secondo disco gli svedesi Vandor provano qualche contaminazione, alleggerendo qui e lì il sound e rendendolo talora puro hard rock. Il risultato risulta dunque più vario e modulato. Cristallina, a tratti neoclassica, a tratti rhapsodyana l’iniziale “Mountains of Avagale”; accattivante l’andamento folkish, a tratti simile ai Fairyland, della rotonda “Endless Sea”. Quasi hard rock patinato per la ballad “Future To Behold”, mentre “Fate of Eltoria” è così squillante da ricordare i primi ReinXeed. Segue una suite di ben 18 minuti, “The Sword To End All Wars”: a una prima sezione prog-oriented ne segue una seconda da rock opera, decisamente ‘avantasiana’; la ripartenza è power energico, ma c’è spazio ancora per segmenti orchestrali dal respiro potente, per una ripresa prog rock e per… dei cori conclusivi poco riusciti, che costituiscono un infelice anticlimax. Per fortuna gli ammalianti suoni della titletrack, una raffinata ballad, riportano il disco nei giusti binari. “On A Moonlit Night” non demerita nel panorama nel quale si colloca con convinzione.

(René Urkus) Voto: 7,5/10