(Harvest Of Death) Come faceva notare il collega in occasione dell’album di debutto (qui) in Europa c’è ancora chi concepisce e suona il black metal in luoghi quali logge, cantine maleodoranti e vari antri poco salubri o raccomandabili. I Voëmmr cavalcano la scena raw ed underground portoghese, anzi, sono annoverati nel famigerato e clandestino Aldebaran Circle (l’equivalente delle legioni nere francesi per l’odierno Portogallo). Lontani da media e presenza scenica o sociale di qualunque tipo, è un miracolo (ammesso che di miracolo si possa parlare, considerato il genere estremo) se etichette come la Harvest Of Death riescono a trascinare questi reietti fuori dalle fognature dove prosperano e regnano, diffondendo musica come questi tre quarti d’ora di devastazione sonora. Il black del debutto qui diventa più isterico, più perverso, più carnale e più deliziosamente infernale. Brani come “Del ed Ovtmn” garantiscono dissonanze ricercate torturate da un drumming ignorante e registrato con il minimo reperibile sul mercato tecnologico… di trent’anni fa. Tra le tracce emerge un organo, il quale non rende più raffinato il sound, anzi, lo spinge verso gironi ancor più putridi di un già macilento inferno. Capitoli come “Profvndr” sono black dai connotati depressivi e liturgici capaci di infliggere pene per una durata consistente, mentre episodi come “Coecr od Doemrz (part II)” sono pura scenografia estrema allestita per dar spazio ad un vocalist vittima delle torture più disumane, esattamente come il rumore elevato ad atmosfera della conclusiva “Carpatr Tzaeb”. Musica che uccide o rende più forti, ambendo ad una sopravvivenza in uno scenario popolato da entità demoniache; musica diabolica che vuole rappresentare un palese invito alla seconda delle due opzioni…

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10