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Primavera orribile ma sangue bollente. A distanza di venti giorni il Grind House ha scaraventato sul proprio palco due realtà storiche dell’hard rock e del glam metal internazionale: Tigertailz e L.A. Guns.

Davvero, roba da arena, roba da stadi… roba immortale che attrae con forza magnetica una valanga di personaggi: appassionati, hard rocker che rifiutano di morire, coloratissimi glamsters che rifiutano il grigio, giovani alla ricerca di qualcosa che li illumini, meno giovani che tornano all’essenza della spensierata depravazione eighties.

Ma andiamo con (dis)ordine.
Sabato 30 Aprile. Il regno unito invade l’italia, il Wales si installa al Grind House.
Solita follia, solita mandria di personaggi unici (e non sto parlando, non ancora, delle band).
Serata folle. Gente devastata. Le band in apertura che scaldano l’ambiente, un ambiente che inizia ad essere torrido.
Mentre imperversa il rock’n’roll, un incidente idiota rende inutilizzabile la chiave della mia auto.
Io impreco, le band tuonano.
Come cazzo ci torno a casa dopo?
Sicuramente non in auto. Quindi punto dritto al banco bar, senza più timori o pietà alcuna. Ma prima di devastarmi decido di prenotare un taxi per tornare.
Ne trovo uno, viene alle 2 del mattino, non più tardi. Prendo accordi mentre sento, da fuori, che i Tigertailz attaccano con energia. Taglio la chiamata, corro dentro e guadagno la prima fila.
fotoGrindingGlam_2464Ad essere sinceri con i ‘Tailz sul palco non me ne frega di come (o se?) me ne torno a casa dopo il concerto. Fuck it.
Loro, da sopra il palco, non risparmiano nessuno! Coloratissimi, potentissimi, scatenatissimi! Il biondissimo frontman Rob Wylde fa una strage, urla, esalta, esulta mentre Jay tortura la sua chitarra, il bassista esce di testa mentre il batterista picchia selvaggio permettendosi di giocare con le bacchette più o meno costantemente, offrendo una dimostrazione di padronanza tecnica imparagonabile.

Ad un certo punto mi ritrovo in un taxi.
La strada verso casa è lunga.
Mi costerà un botto.

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Le immagini sbiadiscono.
E, tutto ad un tratto, mi ritrovo di nuovo fuori dal Grind House, fila di gente, stessa tipologia di pubblico multicolore, alcuni personaggi sono gli stessi, altri sono vestiti uguali…
È la stessa sera?
grindinghouse2Non lo so, però in cartellone non ci sono più le tigri inglesi ma le pistole americane: L.A. GUNS!fotoGrindingGlam_2712
Sono passati quasi 20 giorni, ma l’atmosfera è ancora bollente (in tutti i sensi, tanto che dal palco Phil -mosso da un barlume di pietà- ha puntato un ventilatore verso il pubblico!). Show esplosivo, anche in questo caso set list devastante ed un’autentica voglia di fare casino sia sul palco che tra il numeroso pubblico.

 

 

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fotoGrindingGlam_2727Due concerti popolati da look antichi ma intramontabili, donne stupende, atmosfera festosa e decisamente

meravigliosamente squallida, in perfetto stile street, sleazy, scazzo totale fintantoché la musica trivella il cervello a volumi pazzeschi.

Una volta che lo sballo è sceso, il corpo si è recuperato dagli orari disumani ed i viaggi incasinati, mi trovo a riflettere.
Ma è proprio tornata QUELL’EPOCA? No, perché gli artisti ci sono ed hanno la stessa carica energetica degli anni d’oro. Ed il pubblico li ama, li adora, li supporta!
Poi arrivo pure a fare un confronto tra la scuola britannica, l’origine del rock, e la scuola americana, l’origine della depravazione.
Ed allora noto che i Tigertailz si divertono, sono esagerati, ma sono anche degli esseri umani. Ci parli, ti salutano, ti fai le foto con loro, ridi, scherzi, si fermano dopo il concerto con i fans: è gente come noi che si offre volontaria per occupare il palco e generare una serata all’insegna della festa.
Mentre gli L.A. Guns, epoca d’oro o meno, sono delle rockstar pure. Lo sono nell’immagine, nei gesti, nel modo di parlare. Nella perfezione del look sempre in controtendenza (Phil indossa stivali con calzini e pantaloncini corti…), nell’esagerazione dell’azione scenica (l’axe man Michael Grant è un portento, una costante esagerazione della gestualità per ogni singolo accordo, uno spettacolo immenso per il pubblico). Sono rock star nella superbia deliziosa che dimostrano, andandosene dopo lo show (poche foto con pochi fans, specialmente con le belle ragazze) e lasciando tutto il casino ai poveri roadies.
Sono le rockstar che vogliamo.

Ma questa, poi, è la storia: dai Led Zeppelin, dai Deep Purple, scuola inglese, tutto è diventato patinato, curato, pulito e spinto verso una massa urlante con l’avvento del sound americano (basta osservare l’evoluzione stilistica degli Whitesnake). Ed è stupendo osservare questi dettagli anche oggi: l’atteggiamento europeo dei Tigertailz e l’atteggiamento da dito medio ben visibile della Sunset Strip degli L.A. Guns.

…però poi c’è Phil Lewis. Che in realtà è inglese. Però vive negli USA da una vita. Una rock star con la faccia da pazzo ed un senso dell’umorismo unico: se la ride durante tutto il concerto, prende in giro tutti quelli che fanno foto col telefonino, presenta la sua band e poi, con ulteriore decadente ironia, presenta se stesso. Cazzo Phil, se con i Tigertailz eravamo lì dentro per la band, questa volta eravamo lì per te!

(Luca Zakk)

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