copmolllust3(Autoproduzione) In un mercato che ricicla qualunque cosa, l’opera metal dei Molllust resta ancora un unicum: i tedeschi si ripropongono sul mercato dopo un debut (QUI) e un successivo ep (QUI) che hanno mostrato al mondo l’originalità del loro sound, portato forse all’apice di perfezione in questo “In deep Waters”. Nei testi dei brani si alternano ben quattro lingue, con un significativo aumento dell’inglese rispetto al passato. Con “Unschuld” (‘Non colpevole’: il precedente disco si chiamava ‘Schuld’…) l’incantesimo si rinnova: gothic metal e musica classica si compenetrano in modo inestricabile, creando un ibrido di strana e inquietante bellezza. Altro che i ‘vocalizzi operistici’ e gli ‘intermezzi classici’ di certe bands! A tratti algida “Paradis perdu”, sempre dominata dalla arditezze vocali di Janika Groß, la cui voce sembra esaltata dal cantato francese; da pelle d’oca “Voices of the Dead”, con un ritornello stavolta più metal che operistico, epico e sontuoso. “Spring” tiene fede al proprio nome, ha qualcosa di gioiosamente vivaldiano; “Lampedusa”, che tratta del dramma dei profughi morti nel Mediterraneo, contiene dei versi in italiano, e racconta di un turista tedesco che ignora il dramma dei rifugiati per godersi ‘Sole e spiaggia, la dolce vita’. Sardonica “König der Welt” (‘Re del Mondo’), che descrive le logiche del potere del denaro; assai malinconica “Papa”, che sembra un canto d’amore per il padre della cantante. La lunga “Sabrina” costituisce una piccola summa del Molllust sound: potente ma allo stesso tempo piena di grazia, in precario ma sempre perfetto equilibrio fra due mondi. Si chiude quindi con quella che potremmo chiamare la ballad acustica del platter: “Traumwelt” (‘Mondo di sogno’) rapisce ancora l’ascoltatore con la sua raffinatezza disincantata. I Molllust si confermano un ponte fra due mondi che non erano mai stati così vicini: e stavolta, con le canzoni in inglese, il successo sarà internazionale. Presto in tour con gli Orphaned Land, ci saranno anche due date italiane.

(René Urkus) Voto: 8/10