(Scarlet Records) L’album “Dark Secrets of the Soul” impatta sull’ascoltatore al pari di un meteorite che casca verso un pianeta. La band italiana si presenta con questo nuovo album nel quale una generale linea di stile blackened death metal viene arricchita da spunti in breakdown, raddoppi ritmici tra chitarre e batteria che alimentano virate verso il deathcore e una sorta di djent metal. In questi scenari le tastiere creano tagli semi-sinfonici che ampliano la resa melodica dei pezzi e tinteggiano un effetto drammatico e al pari esoterico. Questi scorci creati dai sintetizzatori incollati sulle trame delle chitarre e di tutto l’impianto ritmico che ne consegue, ricorda i migliori momenti dei Dimmu Borgir di un tempo ma in una versione più pulita e ordinata. I Drown In Sulphur si sono avvalsi della produzione di Filippo Rambelli, con anche Alex Pedrotti nelle registrazioni, per ottenere un sound finale ben scolpito per “Dark Secrets of the Soul”. Certe ripartenze veloci, determinate da riff che creano come delle trame infaticabili e dai toni drammatici, come in “Unholy Light” o ancora di più in “Shadow Of The Dark Throne”, fanno pensare a soluzioni in stile Cradle Of Filth. In questo giocano anche certi toni dei sintetizzatori, oltre all’insieme dell’arrangiamento e del resto la band si aggancia a tematiche vampiresche nei propri testi. “Dark Secrets of the Soul” dimostra un impatto notevole, una sua fruizione immediata e al contempo attraverso le numerose trame melodiche, suona come una giusta sintesi delle tendenze melodic black metal, symphonic blackened death metal e delle conseguenti influenze dal groove metal e metalcore. “Lotus” è una sorta di ballad e rievoca sonorità alla Type O Negative e ancora di più al dark metal, mentre “Say My Name” è una mazzata di symphonic deathcore.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10