(Avantgarde Music) Tanto strano quanto interessante questo progetto. La band è di fatto un duo, composto dal musicista MK (Silence Thereafter, Duir) e dall’arpista Glorya Lyr. Ma non si tratta di un vero debutto, in quanto il nome è in qualche modo già comparso sulla scena, visto che “Exile”, il brano strumentale dell’ultimo disco dei Saor, “Forgotten Paths” (recensione qui) è stato composto proprio da questa coppia di artisti italiani. Il prossimo passo, ovviamente, è stato mettere in cantiere qualcosa di proprio, ed ecco che nasce questo “De Rerum Natura”, con un titolo preso dall’opera di Tito Lucrezio Caro, poeta e filosofo romano, seguace dell’epicureismo (98/94 a.C. – 15 ottobre 50 a.C). Nell’antica lingua inglese il moniker ‘Eard’ significa casa, terra, un punto di partenza ed arrivo… mentre l’intero soundscape dell’album è legato ad un viaggio introspettivo dentro la natura umana, un viaggio tempestato da black metal, sia pungente che atmosferico, immensamente legato alla natura, esaltato da un’arpa molto dominante e con diversi ospiti al microfono (la band non ha un vocalist proprio), quali Saverio “Nartum” Giove (Emyn Muil), Emilio Crespo (Sojournere) e Déhà (Slow, Wolvennest). La opener “Nocturnal Landscapes” (feat. Nartum) è un perfetto esempio dell’ampiezza sonora degli Eard: momenti estremi destabilizzanti si alternano ad atmosfere tetre nelle quali arpa e violoncello creano suggestione, una sensazione resa tuonante quando appare poi sostenuta da blast beat ed il growl feroce. La title track porta con dolcezza ad altre epoche, ad un folk intenso, a qualche corte ricca di malinconia ma anche di pace interiore… fino all’esplosione brutale nella quale Emilio Crespo incalza con poderosa violenza, dando vita ad una costante alternanza delle atmosfere, le quali ad un certo punto si fondono, generando un coinvolgimento mistico unico. Drammatica e ricca di disperazione “Lessinia”, sublime e luminosa “The Lost Glen”, traccia strumentale nella quale arpa e strumenti celtici prendono per mano ed accompagnano lontano, attraverso verdi pascoli, pascoli poi inceneriti dalla conclusiva, lunghissima e selvaggia “Eardstapa”, brano nel quale gli Eard infondono un’energia micidiale, un calore sonoro travolgente il quale materializza mid tempo tuonanti, tremolo forsennati, keys provocanti, blast beat feroci e, ovviamente, atmosfere ricche di una magnetica tradizione lontana, resa ancor più allettante dalla voce clean di Déhà. Un album che a colpo d’occhio sembra ricadere negli schemi tipici del black atmosferico legato al folk, per poi svelarsi lentamente, rivelando genialità, offrendo spunti intensi, idee non prevedibili, barlumi di grandiosa creatività contorta, progressioni micidiali, il tutto trascinando l’ascoltatore dentro un mondo ricco di teatralità poetica mista ad un affascinante misticismo.

(Luca Zakk) Voto: 8/10