(Drown Within Records) È sufficiente il significato del moniker, ispirato al paese fantasma ubicato nella loro Sardegna (ora Gairo Vecchio), per stabilire il mood necessario a questo evoluto e contorto post metal, a questo libertinaggio sonoro che i sei artisti riescono a manifestare, impostando un’atmosfera spessa, impenetrabile, avvolgente… a tratti ipnotica, sempre estremamente seducente. Ma con questo secondo lavoro la band va oltre, scovando un’ispirazione poderosa, la quale si diffonde con prepotenza dal titolo alla copertina, fino alla profondità dei labirinti musicali scanditi dai sei favolosi brani… diversi tra loro ma uniti da un filo conduttore unico… quasi un’opera teatrale alternativa. “Her” -‘lei’- nasconde un geniale percorso emotivo: con il solo pronome c’è subito seduzione, attrazione e mistero (basta pensare all’uso di questo pronome nella comunicazione, nella pubblicità o nel cinema); poi “Her” spinge la mente subito verso stereotipo di immagine femminile il quale viene contemporaneamente demolito ed esaltato dalla stupenda copertina. Se poi si vuole indagare su chi sia questa “Her”, allora si scopre che la band ha preso ispirazione dal fossile KNM-ER 1808 trovato durante degli scavi archeologici in Kenia negli anni ’70: si tratta di uno scheletro di Homo Erectus femmina (“Her”, per l’appunto) risalente a 1,7 milioni di anni fa (molto prima di ‘noi’, l’Homo Sapiens al quale apparteniamo compare circa 300 mila anni fa…); tale fossile (all’epoca il ritrovamento in migliori condizioni e più completo) mostrava delle deformazioni ossee alle gambe le quali dimostravano che la creatura non fu in grado di deambulare durante gli ultimi mesi di vita, portando alla conclusione che ‘qualcuno’ si deve esser preso cura di ‘lei’, almeno per i bisogni primari (acqua e cibo), molto prima dell’esistenza del senso umano di qualsivoglia ‘qualcuno’ o ‘lei’, molto prima del nostro pensiero, del nostro concetto dell’amore verso il prossimo. Ed ecco che la imponente title track trasporta la mente altrove, nello spazio, nel tempo, nello scenario naturale che si rivela davanti agli occhi, il tutto dentro una intimità sonora oscura, introspettiva, penetrante la quale si lascia illuminare da melodie tuonanti, vibranti, elettrizzanti. ”Koobi Fora” è pura malinconia, una mestizia stridente, capace di urlare forte dentro un impetuoso silenzio. Pesante e sognante ”1808″, poderosa e incalzante “Apogee”, ipnotica e provocante la favolosa ”Like An Elephant in a Sand Storm”, il brano più post metal, più cadenzato, più pungente, con quelle idee blues, quelle linee vocali trasudanti tristezza. In chiusura ”Summer of ’94″, con delicatezza, con nostalgia, un senso di epilogo malinconico tanto struggente quanto pensieroso ed energetico. Diventa ovvio collegare i puntini, scorgere origini o discendenze, presupporre un mix di Isis, Cult of Luna, Toundra, Neurosis, tra gli altri. Ma i Gairo non copiano, non seguono una scia, non fioriscono all’ombra di altri. Con “Her” si affermano, mettono la loro firma, espongono il loro stile in un questo viaggio emozionale e mistico, un percorso di ricerca e rinascita lungo un sentiero che può essere tra le vie di quel paese abbandonato o in quelle misteriose terre africane svariate migliaia di anni prima dell’umanità o, più semplicemente, ovunque la fantasia riesca a condurvi durante questi suggestivi tre quarti d’ora di arte al massimo livello.

(Luca Zakk) Voto: 10/10