(Inverse Records) Come è noto, la Finlandia è la nazione con più band metal in rapporto alla popolazione: dalla terra dei mille laghi vengono anche i Wolfhorde, autori di un terzo album che non convince del tutto. La lunga “Chimera” dispiega un pagan molto pesante, dalle atmosfere cupe, ma mai feroce e rabbioso fino al black: abbondano anzi parti d’atmosfera più vicine al folk, grazie anche ai cori e agli strumenti tradizionali (forse però sintetizzati). Una semplice (forse troppo semplice) melodia di keys sostiene “Doctor of the Plague”, e anche “Towers of Silence” si fa latore di un viking ancora affidato a tastiere un po’ fuori parte. “Forged in Ice” ha invece la giusta carica epica, e un mood che ricorda molto gli Ensiferum; giungiamo così ai 12 minuti della titletrack, che ha dei bei momenti (soprattutto quando si rallenta) ma che sembra in realtà una combinazione di brani differenti, non troppo legati fra di loro. “Hounds of Perdition” ha qualche bel momento, ma appare riuscito a metà.

(René Urkus) Voto: 6,5/10