fotoxvenom(Tsunami Ed.) La prefazione di questo testo della Tsunami Edizioni è praticamente universale: è la storia di tanti di noi e di come ci siamo avvicinati metal. L’approccio è passato attraverso situazioni a volte casuali oppure strambe, ad esempio su come ci si procurava la musica, oppure sul tipo di supporto per l’ascolto e degli amici che ce lo fornivano. Spesso questi amici erano di età maggiore e ci davano sempre le diritte che poi diventano un emblema di vita. L’emblema di Andrea Valentini si chiamava Venoom. Si, con due “o”. Infatti, grazie a due amici più grandi, Valentini supera la fase Iron Maiden/AC/DC e scopre Metallica, Slayer e poi due canzoni appunto dei Venoom, in coda a una cassetta registrata: “Black Metal”, uno dei pezzi più belli che il genere abbia mai partorito, e “Buried Alive”. L’autore va a comprarsi la cassetta originale di “Welcome to Hell” e a quel punto comprende che il suo emblema in realtà si chiama Venon.
La Base Records aveva sbagliato la copertina di “Welcome to Hell” nella versione in cassetta e solo l’acquisto dei successivi lavori avevano definito in modo chiaro quale fosse la vera identità dell’emblema che prese possesso della mente di Valentini. I Venom!

L’autore arriva subito al dunque in ogni faccenda dei Venom. Il suo scrivere è essenziale ma preciso. Armato di queste qualità, Valentini traccia la storia del periodo d’oro dei Venom e lo fa attraverso testimonianze dirette e ricostruzioni che creano una linea narrativa chiara ed essenziale. L’analisi sui tanti aspetti dei Venom arriva sempre attraverso il confronto delle dichiarazioni dei diretti interessati: un modo efficace per coglierne le dimensioni e le contraddizioni di tutte le vicende.
Abaddon, Mantas e Cronos sono stati dei millantatori frivoli, spacconi, estremi e oggi forse ostili al loro stesso passato. Loro sono stati questo e altro, ma soprattutto gli autori di album ben più dirompenti di un 666, un pentacolo con la punta verso il basso o la testa di un capro.
“Venom – Metallo Nero” offre anche un’analisi testuale, un approfondimento sul presunto satanismo di Mantas e soci e soprattutto un interessante capitolo in cui si cerca di venire a capo del legame tra il black metal norvegese e la musica dei Venom. Un legame spesso rigettato da alcuni esponenti della scena nordica, mentre Valentini dà anche spazio all’ammirazione verso la band di Newcastle da parte di Peso (Necrodeath), Alberto Penzin (Schizo), Jean Yves Thériault (Voivod) e altri, oltre a una lunga carrellata di dichiarazioni di figure di spicco della scena sui Venom.
Per gli appassionati anche un’appendice su stampe e ristampe in vinile.

Un flusso di oltre duecento pagine e foto che suggerirei di riassumere con queste parole dell’autore.

“Se volessimo sintetizzare il tutto in una formula, otterremmo un’espressione algebrica non dissimile a:
{[(rock + hard rock anni ’70) x (ribellione + punk)] + tecnica scarsa}satanismo = Venom”

(Alberto Vitale)