(InsideOut Music) Il moniker Sons of Apollo fa paura tanto che supergruppo è forse un termine restrittivo. Mike Portnoy alla batteria? Tuoni e fulmini! Jeff Scott Soto alla voce? Il non plus ultra. Derek Sherinian alle tastiere? Siamo in territorio divino. Roba da orgasmi multipli. Che poi queste stelle supersoniche, in particolare Portnoy e Sherinian, formano una specie di band nella band, in quanto la travolgente produzione è stata gestita dai The Del Fuvio Brothers… ovvero l’associazione a delinquere composta proprio dai due!! Ma com’è questo “MMXX”? Questo 2020 (come spiega Portnoy, il titolo deriva dal fatto che uscendo in questo gennaio, è uno dei primi dischi del nuovo decennio)? La risposta è esplicita: pazzesco. Ultra tecnico. Potente e molto tagliente, pungente ed aggressivo! Non dimentichiamo che oltre al trio citato, qui ci sono anche Billy Sheehan al basso e Ron “Bumblefoot” Thal alle chitarre. “Goodbye Divinity” offre melodie sublimi sopra ritmiche laceranti, un Jeff Scott Soto epico ed un Derek che si scatena senza rispetto. Belle le divagazioni quasi blues di “Wither To Black” incastrate dentro un prog iper contorto, con tempi dispari e sballi sonici fuori di testa. Massacrante “Asphyxiation”, altra sala giochi per il grande tastierista. Intensa e drammatica la fantastica “Desolate July”, immenso il piano di “King of Delusion”, un brano dal gusto apocalittico ma con un cantato dal favoloso gusto hard rock. Labirintica “Fall to Ascend”, provocante “Resurrection Day”, prima della megalitica conclusiva “New World Today”, un macigno che va ben oltre il quarto d’ora, dentro il quale ogni musicista si scatena in un tripudio di assoli, improvvisazioni, rincorse, provocazioni, botte e risposte, cambi tematici, di tempo, di scenario e -forse- anche di galassia. Ad essere sinceri, si sente che Mike ha suonato tantissimi anni con i Dream Theater (senza dimenticare che ci suonò anche Derek): si sente quello stile progressivo ricco di tessiture contorte e cambi sorprendenti e drammatici. Ma questi non sono i Dream Theater. Questi sono i Sons of Apollo e sono il risultato di anni di esperienza, di maestria… quasi un assurdo ed improbabile incrocio tra il miglior prog metal anni ’90 (Dream Theater, Symphony X in primis), che qui viene evoluto, aggiornato, ammodernato e spinto a limiti meravigliosamente folli. Disco da godere, da ascoltare a volume alto, magari in cuffia e con un impianto che sa rendere giustizia ad ogni più insignificante suono, il quale qui non compare assolutamente mai per caso. Dopotutto, quando la sopra citata associazione a delinquere si lascia andare a jam poderose con riff di chitarra pesanti come asteroidi, un basso che cavalca impetuoso, allora si scatena collisione planetaria… tutto esplode trasformandosi in un caleidoscopio di pazzia, di colori, di tecnica sopraffina!

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10