(Inverse Records) Concepito come un’opportunità artistica da esercitare in studio di registrazione, Sergio Bertani dopo un EP, “Chronicles from Leri” del 2013, ritorna come Lucynine attraverso un full length. Il musicista lo fa ancora una volta spiazzando le attese dell’ascoltatore, rifilando nell’oltre un’ora di musica di “Amore Venenat” più generi e stili. Il tutto per esaminare gli aspetti meno sani ed oscuri della sfera sentimentale. Un concept profondo, morboso, psicotico… Attraverso psichedelia, elettronica, metal a profusione e di stampo, thrash, black, alternative, hard rock, sludge, Lucynine diventa il contraltare della normalità in fatto di composizione nella musica metal odierna. Adorabile “Nine Eleven”, un brano che accostabile ai fasti di “The Downward Spiral” dei Nine Inch Nails, nelle atmosfere, nella profondità emotiva di certi riff e strutture. “Apostasia” è un’altra sezione atipica del lotto di pezzi che appunto ricalca i Nine Inch Nails, le sofferenze di Rozz Williams, oltre che una semplicità compositiva non avulsa da una perfetta riuscita nel comunicare un’atmosfera di disturbo e orrore. “Anthony Hopkins”, brano nel quale recita la corrispettiva voce italiana dell’attore, Dario Penne che è uno dei quattro attori che presta servizio nell’album, mescola fusion, psichedelia e alternative rock con le interferenze di atmosfere ammantate di melodie e fantasmi. “Amore Venenat” ha qualcosa di quel metal e rock che ha prodotto paesaggi e dato forma a incubi, sogni, pensieri negli anni ’90 eppure Bertani pensa bene di creare del riffing puro. Al di là dell’elettronica, dei generi, del tutto, le sequenze delle chitarre e spesso del basso, sono riff che restano impressi e prendono l’attenzione dell’ascoltatore. Hanno una forma, una loro riuscita e un senso che si sposa diabolicamente con il resto.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10