(Nuclear Blast Records) Ritardato dalla pandemia in corso, ma incorniciato da una copertina indovinatissima, il sedicesimo disco degli Accept lancia un messaggio chiaro fin dal titolo: questi nonnetti tedeschi sono troppo heavy metal per arrendersi al Coronavirus… e sfornano dunque un altro concentrato di riff, melodie e assoli che poche, pochissime ‘nuove leve’ possono mettere insieme allo stesso modo! Un riff che mi sembra ironico nella sua drammaticità introduce la sferragliante “Zombie Apocalypse”, dedicata, come la band ha precisato, ai maniaci di tecnologia e telefonia mobile. Sguaiata la titletrack, chitarre particolarmente ispirate in “No Ones Master”; “Symphony of Pain” contiene alcuni famosi motivi di Beethoven, ma incupiti e trasfigurati (soprattutto la parte più nota dell’‘Inno alla Gioia’). “The Best Is Yet to Come” è una ballad dolceamara, interpretata con un tono più pulito da Mark Tornillo; un gradevole momento di ‘riposo’ che è, forse, quanto di meglio abbia da offrire l’intero disco, con un testo peraltro molto positivo e speranzoso. Ci sono un basso e un assolo che vengono da altri generi in “The Undertaker”; lo strumentale conclusivo “Samson and Delilah” incorpora fra le altre cose la ‘Sinfonia del Nuovo Mondo’ di Antonin Dvorak, che i fan dei Rhapsody of Fire conoscono molto bene. Gli Accept hanno avuto i loro momenti no e i loro passi falsi, non c’è dubbio, ma mi sembra di poter dire che dalla reunion in poi non hanno sbagliato un colpo, e “Too Mean to Die” sta qui a dimostrarlo – ove mai ce ne fosse bisogno.

(René Urkus) Voto: 8/10