(autoproduzione) Secondo album, il primo recensito QUI, oltre a un EP – ascoltate la loro discografia QUI – per i transalpini devoti al post hardcore che almeno in “Construire ou Détruire” raggiunge picchi diversi dal precedente lavoro. “Aleska” infatti è stato un album difficile, andava capito e tuttavia la ricerca e il modo di vedere e sentire le cose, oltre a quello di esternarle, per la band non è mutato di molto neppure in “Construire ou Détruire”. Varietà, cambiare, ripetere e superarsi, sono forse termini che fissano il modo di comporre del quartetto di Metz. Aleska è un fiume sonoro che scivola in modo neutro nei suoi meandri tortuosi. Di nuovo quei colori in copertina e di nuovo immagini surreali, di nuovo post hardcore che non puzza di claustrofobia, di screamo che non brilla di banalità e non indugia negli stessi spartiti. L’album è semmai una serie di spartiti, una serie di parti ed elementi che formano un insieme articolato. Le parole sono secche e precise, intense nei messaggi, tipo «la modestia è una piaga nascosta che non esibiamo mai». Sono parole che fissano l’ascoltatore, lo scrutano e gli dicono qualcosa. La band non è cambiata, però ha prodotto altra musica, nuova o in sintonia con quella del passato. In queste pagine ci si siede, incrociando le gambe e ascoltando serenamente dove queste direzioni musicali vanno a finire o almeno dove vengono costruite e poi distrutte, come da titolo del resto. Per gli Aleska è importante «ricostruire o distruggere per poi ricominciare. Costruire per continuare a sperare». In cosa? Magari nell’amore perché «il niente e il tutto, solo l’amore ci salverà». L’album è masterizzato da Magnus Lindberg (Cult Of Luna e tanti altri) che ha svolto un lavoro eccellente.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10