(Bardo Music Inc.) In una domenica uggiosa, ai confini tra la fine della brutta stagione e l’inizio di quella -si spera- bella, questo è un album che trova la sua collocazione ideale. Niente metal. Poco rock. Piuttosto molta atmosfera, una intensa dose di funk, divagazioni jazz, prog, musica alla quale non interessa appartenere ad un genere, musica che vuole essere suonata, che vuole suonare, impressionare, coinvolgere e divertire. Ana Patan è un’amica con la quale adoro parlare di musica, una cantautrice tedesca, un’artista di origini rumene, principalmente chitarrista e cantante il cui stile musicale appare sfuggente ed eclettico, uno stile con influenze variegate provenienti da ogni angolo del mondo le quali vengono poi concepite nuovamente da Ana stessa per dar vita a tanto groove, molto jazz, divagazioni rock, il tutto in chiave alternativa, personale… musica che meriterebbe scalfire chilometri di solchi sui 45 giri. Questo album personale, sincero, deliziosamente analogico, è la sua dichiarazione di intenti, un punto di arrivo dopo varie pubblicazioni, un nuovo punto di partenza verso una meta non ben definita e forse sconosciuta anche alla musicista stessa. Sognante e jazzy la opener “Undeciphered”, brano dal gusto vintage nel quale la voce di Ana si diffonde on armonia sognante. Pulsazioni anni ’70 con un groove poderoso su “General Conspiracy”, brano con un testo veramente divertente. Struggente ed intima “Trivialize Love”, instabile e delicatamente ribelle “The Human”, mentre “Pure and Plain” è il brano che forse Sheryl Crow avrebbe voluto scrivere tanti anni fa. Totale immersione in una jazz lounge pregna di fumo delle sigarette con ”Soarele Meu”, l’unico brano cantato in romeno, mentre esplode un rock pungente con la bellissima “21st Century Citizen”. C’è qualcosa delle atmosfere di Twin Peaks su “Hot Hot”, mentre emerge un certo coinvolgente libertinaggio su “How Could We Live Before”, prima della conclusiva “Colors on Hormones”, un brano ricco di dettagli progressivi, molto curato e sensuale. Con lei in questo lavoro alcuni nomi noti: c’è la collaborazione stilistica di Devin Townsend, amico personale di Ana, qui anche impegnato al basso in un brano per il semplice fatto che dopo aver sentito dei demo ha dichiarato ‘non ti serve mica un bassista?’; ci sono poi le intense linee di basso di Jonathan Herrera e Jonas Hellborg (bassista di fama internazionale che ha lavorato anche con Jens Johansson, Anders Johansson, John McLaughlin, Ginger Baker dei Cream, ecc.), la batteria di Zoltan Csörsz (The Flower Kings, Time Requiem, Vindictiv) e le percussioni di Jamal Evans. Canzoni scritte negli anni, riviste, riarrangiate molte volte, suonate in varie esibizioni e finalmente finalizzate e catturate per l’eternità. Registrato in presa diretta, senza tanti ritocchi ed effetti, “Spice, Gold and Tales Untold” racchiude la purezza e la dannazione del blues, del rock, dell’arte libera da ogni compromesso commerciale o ideologico. Musica che scorre senza limite, senza barriere, impetuosa come l’acqua che scorre decisa sul letto del suo torrente.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10