(Century Media Records) Per quanto il metalcore possa essere ancora considerato una modernità, i tedeschi Caliban sferzano l’etere da ormai quasi un quarto di secolo e con questo “Zeitgeister” firmano il dodicesimo siglillo! Un sigillo che in qualche modo rappresenta una svolta, in quanto si tratta del primo loro album interamente cantato in lingua madre, idea che trova le radici nel 2011 quando nell’EP “Coverfield”, registrarono il brano “Sonne” dei Rammstein, scoprendo che quella lingua così dura, abbinata al sound violento e allo stile focoso del vocalist, semplicemente chiude il cerchio, aggrega valore e rende questo meltacore sferzato da death, da black e da modernismi elettronici, una fonte micidiale di impatto sonoro. “Zeitgeister” è un titolo che fa riferimento allo spirito del tempo e, ad essere pignoli, svela che questa release non è un vero e proprio album di pezzi inediti: dopo il teatrale intro (la title track), il disco snocciola infatti otto possenti brani… sette dei quali sono però un remake di canzoni della band prelevate un po’ da tutto il repertorio della lunga carriera… qui però rifatte e cantate in lingua madre! Ma non si tratta solo della versione in un’altra lingua: poter adattare i testi riscritti e non semplicemente tradotti, siamo davanti ad un totale rifacimento, e si nota che il quintetto di Essen si è sbizzarrito iniettando varianti, idee ed una nuova linfa vitale su ogni traccia, portando ad un risultato di freschezza e modernità. Nel disco troviamo “Trauma (feat. Matthi dei Nasty)” e “Intoleranz” (ovvero “Arena Of Concealment” e “Intolerance” da “A Small Boy and a Grey Heaven” del 1999), “Herz” (ovvero “I Will Never Let You Down” da “The Awakening” del 2007), “Ausbruch nach innen” (“Tyranny Of Small Misery” da “Vent” del 2001), “Feuer, zieh’ mit mir” (“Between The Worlds” da “Shadow Hearts” del 2003), “Nichts ist fuer immer” (“All I Gave” da “Say Hello to Tragedy” del 2009) e “Mein Inferno” (la quale è “My Little Secret” da “The Opposite from Within” del 2004). Il riprendere in mano pezzi ‘antichi’ mette in vista l’evoluzione della band: basta per esempio ascoltare l’originale ed isterica “Arena Of Concealment” e confrontarla con questa “Trauma” di vent’anni più giovane, per rendersi conto della qualità, dell’efficacia, della travolgente forza sonora. Nonostante l’alto livello ci sono dei pezzi particolarmente ben riusciti in queste reincarnazioni: oltre a “Trauma“, appare evocativa e tuonante “Feuer, zieh’ mit mir“, ricca di un sentore tetro “Nichts ist für immer“, decisamente massacrante “Mein Inferno”. Un disco di auto-cover? Un remake di se stessi? Un EP? No: un’idea geniale, avvincente, provocante e dannatamente complessa, in quanto è molto più facile realizzare un dipinto partendo da una tela bianca che da un caleidoscopio di murales. Ma i veterani Caliban hanno affrontato con intensità e cura l’idea, riuscendo poi a chiudere con un nuovo avvincente brano, “nICHts”, pezzo che anche musicalmente riesce a descrivere quel senso di disorientamento, di strade senza sbocco, di soffocamento che ormai questo nuovo ordine mondiale sta imponendo sulle persone.

(Luca Zakk) Voto: 8/10