(AOP Records) Un quinto album che riflette la malinconica disperazione di questi tempi. Un quinto album tanto ricco di accenti melodici quanto di sofferenza, tanto di rabbia quando di visione introspettiva. A cavallo tra riposo e veglia, tra sogno ed incubo. Non a caso “Mӕre” (in inglese antico, in tedesco sarebbe Mara, Mahr o Mare, in Polacco Zmora/Mara, Můra in Ceco) è una malvagia entità femminile del folklore germanico e slavo la quale si siede sul petto di chi sta dormendo per scatenarne gli incubi, tanto che questo senso di soffocamento e questo costrizione -sia essa durante il sonno, o durante la veglia… la vita attiva- non cadono lontani dalla forma di prigionia alla quale è stato sottoposto l’intero pianeta, condanna che ha particolarmente colpito l’arte in genere, i musicisti in particolare. Ed è durante il lockdown del 2020 che J.J. e M.S. Hanno composto questo nuovo intenso album, il quale mantiene un formato simile al precedente “Arson” (recensione qui), ovvero brani corposi, dall’intenso minutaggio, come da tradizione ed una cover un po’ eccentrica, sicuramente un po’ imprevedibile. Anche l’idea di avere ospiti è rimasta attiva, e questa volta sono Neige degli Alcest ed il misterioso vocalist dei Gaerea a comparire in un paio di brani. Brillante la melodia dominante di “I, Pallbearer”, un brano sferzato da riff drammatici, ricco di impulsività e aggressività. Su “Sing For The Damage We’ve Done” è ospite Neige, ed il brano risulta avvincente ma anche rabbioso ed apocalittico, con divagazioni dal sapore deliziosamente progressivo esaltate da un drumming molto curato. Molto black metal impetuoso su “Us Against December Skies”, intensa e coinvolgente “I’m All About The Dusk”, brano con un mid tempo sensuale e divagazioni su tempi irregolari decisamente tecnici. Emerge il post rock sulla disperata “Three Empty Words”, totale immensa malinconia con l’ottima e piacevolmente instabile “Once Upon A Winter”, un brano che riesce ad essere tanto epico quando post metal e rock. Poderosa e travolgente “And Oceans Between Us”, oscura e penetrante la bellissima “Silver Needle // Golden Dawn”, il brano che ospita il vocalist dei Gaerea. Tetra e decadente, vicina ad un sentore gotico, “Time Is A Ghost”, prima della conclusiva “Song To Say Goodbye”, indovinata ed efficiente cover del brano dei Placebo. Con ancora una volta il talentuoso drumming di Kerim “Krimh“ Lechner (dei Septicflesh, anche batterista live di Devin Townsend ed ex Behemoth, oltre che impegnato con il suo progetto solista Krimh, per il quale sta completando i lavori del quarto album), il nuovo full length risulta impattante, sconvolgente, curato e ricco di dettagli, continuando a trionfare in quello scontro tra post rock e black metal. Certo, manca forse una marcata evoluzione rispetto al precedente lavoro, quasi come se la band is fosse affossata sul proprio comunque originale stile, genere, ma è innegabile che “Mӕre” ancora una volta è la trasposizione in musica e testi di sentimenti puri e vivi, tanto profondi quanto dolorosi.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10