copleaveseyes(AFM) Pensatela come volete, ma a modesto giudizio di chi scrive i Leaves’ Eyes non hanno mai sbagliato un colpo: e il loro sesto album, concept dedicato alla figura del primo re norvegese, Harald Halvdansson, lo dimostra chiaramente. Ormai i tedesco/norvegesi hanno preso nel mio cuore il posto lasciato libero dai Within Temptation dopo la loro eccessiva commercializzazione… “King of Kings” ha il grande pregio di non suonare di plastica e contemporaneamente di proporre melodie e passaggi che si stampano subito in testa. Dopo la intro celtica, la titletrack si attesta su tempi medi, proponendo un coro potente ed epico, che a me sembra rhapsodyano; Liv Kristine intanto svetta qui e lì con la sua voce angelica, generando un paio di acuti da pelle d’oca. Anche in “Halvdan the Black” la parte migliore è il chorus, squillante e incisivo; “Vengeance Venom” è una fast song dai toni tipicamente celtici. Il vero pezzo da novanta del disco è “Edge of Steel”, in cui Liv duetta con Simone Simons: l’incrocio delle due voci è davvero intrigante, e il brano è costruito in modo furbo ma irresistibile. Dopo la ballad “Haraldskvæ∂i”, con la quale siamo proprio dalle parti di Enya, il lungo epos “Blazing Waters” si ricollega ai primordi del power/gothic metal, arrivando addirittura a ricordare – li cito nuovamente – i Within Temptation che furono. Si chiude quindi con la leggere “Swords in Rock”, un ballabile celtic/folk dal giro spensierato. Sempre meno gotici e sempre più sinfonicamente magniloquenti, i Leaves’ Eyes hanno ormai acquisito uno status di icona nel genere di riferimento. Il tour autunnale toccherà l’Italia con ben due date.

(René Urkus) Voto: 8/10