(Sub Pop Records/Audioglobe) Prog psichedelico, passando per rock, per divagazioni stoner, sludge e metal. I francesi Slift sono eclettici, imprevedibili, esplosivi e questo imponente “Ilion” è già il loro terzo album in studio. Prog con violenze jazz, lunghe sezioni strumentali nelle quali chitarra, basso e batteria dipingono tele deformi, tele che conterranno un disegno volutamente poco definito, un disegno che cambia forma a seconda dell’angolo di osservazione, della luce ambientale, dello stato d’animo dell’osservatore. Ed infatti, già la title track in apertura rivela molto di questa band, in quanto quello psy-sludge evolve, passando per il post rock e proseguendo fino ad allinearsi a sonorità come quelle degli Hawkwind, verso lo spazio profondo, dentro l’abisso di quell’infinito in costante espansione che continua ad allontanare qualsivoglia meta si desideri raggiungere. Mostruosa e micidiale ”Nimh”, brano metaforico che parla di una nave alla deriva nello spazio la quale simboleggia il decadimento del genere umano, un brano che diventa ipnotico, diventa allucinante, diventa letale. È un viaggio senza fine “The Words That Have Never Been Heard”, mentre si rivela un capolavoro superlativo la progressiva “Confluence”: sassofono e chitarra, una linea di basso poderosa, un groove monumentale ed una tendenza stilistica semplicemente sconfinata, l’assoluta negazione di qualsivoglia definizione di genere o ambito musicale -o teatrale- predefinito. C’è disperazione in “Weavers’ Weft”, c’è una radice di musica etnica corrotta e deviata in “Uruk”, un brano che poi cresce verso uno stato d’ansia, uno stato di attesa, una generatore di aspettative, di traguardi da raggiungere, di mete remote da conquistare. Trovo geniale come il main riff di “The Story That Has Never Been Told” viene rigirato in mille modi in quei dodici minuti abbondanti che raccontano sempre la stessa storia in mille modi completamente diversi… prime dell’epilogo rappresentato da “Enter The Loop”, un pezzo tetro, marziale, caotico fino ad appartenere ad un noise magnetico ed ammaliante. Brani imponenti, sempre attorno ai dieci minuti ed oltre, per un’ora e venti di viaggio cosmico a cavallo di comete soniche, attraverso galassie oscure ma rese brillanti da colori psichedelici accecanti, abbaglianti, capaci di assorbire e trascinare dentro nuove inesplorate dimensioni. Certo, senza bands come i sopracitati Hawkwind o senza i grandiosi Black Sabbath, una entità come gli Slift non sarebbe mai potuta esistere; ma gli Slift non copiano, gli Slift non imitano: gli Slift evolvono, fanno salire quel prossimo gradino evolutivo, portano ad un nuovo traguardo, spingono il limite verso un nuovo inedito orizzonte, senza dimenticare per un solo secondo da dove sono venuti, per non perdere mai la rotta, per non dimenticare mai il dove stanno andando, lasciandosi condurre in una deriva geniale ed assolutamente suggestiva.

(Luca Zakk) Voto: 10/10