(Avantgarde Music) Il black metal deve essere legato a qualche antica tradizione spirituale, solitamente indigena, usanze poi spazzate via dalla forzata importazione del Cristianesimo. Classificando le culture che più hanno sofferto di queste violenze, allora le terre più violentate e più meritevoli di ribellione non sono certamente quelle scandinave o vicine al circolo polare artico, bensì quelle del continente americano e, in questo caso, delle regioni australi, quelle del Sud America, Argentina per quanto riguarda Ysyry Mollvün, nome derivante dalle parole ‘fiume’ in lingua Guaraní e ‘sangue’ nella lingua della tribù Selk’nam. La band è un progetto concettuale ideato dieci anni fa dal mastermind Zupai Ulen, al quale si unisce l’italiano Antonio Sanna (Downfall Of Nur, originario della Sardegna ma ormai stabile in Argentina), prima come produttore e poi come membro della band in grado di offrire ricchi arrangiamenti, chitarre acustiche e strumenti etnici, come il charango, i flauti e le percussioni. L’album è sostanzialmente un concept legato a tradizioni precolombiane: si narra di K’aux, un essere umano educato dagli dei adorati dalla tribù Selk’nam, per insegnare agli uomini come sopravvivere nelle condizioni avverse della loro terra (ubicata nel sud del paese, quindi tendenzialmente fredda, climaticamente simile all’estremo nord del pianeta). K’aux, da buon umano, non rispetta i patti e viene pertanto condannato ad una forma di vita eterna, concepita tra la vita e la morte, con un isolamento ubicato nel centro della terra. Migliaia di anni dopo, il dio che punì il protagonista, non riesce a capire cosa mai sia successo al mondo… agli dei, alla terra stessa, alla natura, alle infinte distese disabitate: tutto è scomparso, andato, dimenticato…. tranne il dio della morte! Tutto sembra irrimediabilmente cambiato! Per capire, per far chiarezza, il dio risveglia K’aux e gli affida un nuovo incarico: fare da tramite grazie agli occhi umani, aprire una finestra visiva e mostrare cosa sia successo e, fattore essenziale, capire cosa sia diventato necessario fare per tornare alle origini, alla purezza.. a quello che era, quello che fù. Se la forte componente folk (concettuale e/o legata agli strumenti) può far pensare a qualche divagazione ambient atmosferica, “Ysyry Mollvün” si colloca invece su un black metal molto potente, ricco di groove, feroce ma suggestivo, con linee vocali deliziosamente devastate, sempre con un incalzare legato ad un crescendo atmosferico accattivante, perfettamente legato alla storia raccontata. Strumenti molto ben bilanciati, una penetrazione sonica devastante, tanto rituale quanto efferata. Black che insegna, che svela, che avvicina a culture altrimenti tanto poco note quanto ormai dimenticate. Black metal che, con infinito onore, rende omaggio al suo mandato primordiale!

(Luca Zakk) Voto: 9/10